Alessandro Grazian Armi 2012 - Cantautoriale, Pop rock

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Alessandro Grazian abbandona l'acustico per l'elettrico, ma mantiene più di un gancio con il passato

La prima volta che ho sentito cantare Alessandro Grazian era il 2006. Il luogo, i bagni del Magnolia di Milano, dove si girava il backstage del secondo MI AMI. Lì, accompagnato al violino da un Nicola Manzan ancora lontano da Bologna Violenta, cantò "Prosopografie", tratta dal suo album d'esordio. Un pezzo che, come tutto quel disco e come tutta la produzione successiva, si poteva definire delicato. Ovvero: fatto molto bene, molto misurato. Rovescio della medaglia: la noia giusto a un passo. Questo, fino a oggi, è stato Alessandro Grazian. Uno parecchio bravo, ma spesso a rischio di esercizio di stile.

"Armi" è il disco che vuole cambiare le coordinate e lo mette in chiaro fin dai primi secondi. La title track è un pezzo tirato, un potenziale singolone rock radiofonico, che ha il chiaro obiettivo di marcare uno stacco. È anche il momento estremo del disco, quello che si posiziona nel punto più lontano da ciò che Grazian ha fatto ascoltare finora. All'opposto, invece, "Helene" ed "Estate", che mantengono più di un gancio con il passato.

Proseguendo nell'ascolto, ci si rende conto che il cambiamento è forte, ma non stiamo parlando di uno stravolgimento assoluto. Soprattutto a livello di testi, rimane la ricerca di vocaboli desueti, spesso inseriti in costruzioni tutt'altro che semplici ("le ali di un grifone e la spalla di un giaguaro avvelenato", da "Se tocca a te"). Il lavoro maggiore Grazian l'ha compiuto su musiche e arrangiamenti, lasciando da parte le ispirazioni classicheggianti o fuori dal tempo e guardando a pop e rock. "Se tocca a te" è parente di Riccardo Sinigallia, ma la presenza più forte è quella dei CSI, sia per le influenze ferrettiane in alcuni cantati ("Non essere poetico mai"), sia per il suono di alcuni brani. Come "Nonchalance", che sembra aspettare giusto i magnellofoni di Francesco Magnelli per entrare in un disco del Consorzio.

Arrivati a fine disco, il senso di smarrimento provato al primo ritornello è sparito. Nell'arco delle otto tracce si capisce infatti che Grazian è passato da un mondo acustico a uno elettrico, senza però andare a toccare approccio e attitudine. Si potrebbe dire: cambiare tutto per non cambiare niente, ma sarebbe ingeneroso. "Armi" non è una rivoluzione totale, ma di sicuro è un ottimo punto di (ri)partenza.

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La recensione Armi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-10-15 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • 1end1 12 anni fa Rispondi

    gran bel disco comunque

  • 1end1 12 anni fa Rispondi

    Il cantato è decisamente Federico Fiumani