Il sottile confine che separa il classico dal vecchio, non sempre si riesce a non superarlo.
Gli Wise non sono un gruppo cool. Anzi, diciamo pure che sono antichi. Ora, c'è modo e modo di essere antico: puoi essere classico oppure vecchio. Questo quinto album del gruppo milanese è altalenante, oscilla fra suono classico e suono vecchio. Per esempio, suona inesorabilmente vecchia “Angelo verde”: la ballata che si fa solo perché nel disco rock ci dev'essere la ballata. Chi l'ha detto? Chi l'ha deciso? Chiunque sia, ha sbagliato e il risultato è una sviolinata del tutto superflua. Meglio, per restare in argomento violini (offerti dall'ospite Nicola Manzan, ovvero Bologna Violenta), “Fabbrica temporanea”: più minimale, sincera e accorata, autoriale e non pacchiana come la suddetta.
Meglio anche “Nella morbida casa”: ancora un lentone, ma reso meno scontato da un sottofondo arabeggiante che poteva essere trash e invece è discreto e non disturba. Stesso andare su e giù per quanto riguarda le tracce più strettamente rock: “Crimine” è dark e insinuante quanto basta, soprattutto nelle strofe, “Nelle terre marce” riesce a essere sinceramente incazzata al punto giusto, da far passare sopra al fatto che forse non avevamo bisogno di un'altra canzone su precariato, puttane e piccoli borghesi arricchiti.
“Mi lami” invece non è abbastanza dark, né abbastanza incazzata da far soprassedere sul suo essere molto datata, in particolare per quel modo di cantare trascinato che anche basta, grazie (ogni riferimento a band realmente esistite potete trarlo da voi). Nel complesso un lavoro che dà l'impressione di poter funzionare bene dal vivo, in quanto dotato di quella certa assertività trascinante che ha il classic (appunto) rock, ma che manca di quella compattezza necessaria a farsi notare fra le miriadi di dischi “non cool”.
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La recensione Fabbriche Temporanee di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-11-06 00:00:00
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