Post rock con molteplici influenze per un lavoro emotivo ed insieme potente.
La copertina un po' Pixar del nuovo album mi fa storcere la bocca, ma un libro non lo si giudica dalla copertina e mi immergo senza pregiudizi grafici nel mondo del Penelope sulla Luna. Un percorso lastricato di Mogwai, sul quale i ferraresi scrivono otto nuovi episodi di post rock contaminato, ben suonato, malinconico ed emozionante.
La title track apre questo album con una melodia parente stretta delle "Tubular Bells" di Mike Oldfield, ma l'elettronica usata risulta parzialmente fastidiosa, come solo quella dei Subsonica sa essere. Fortunatamente presto viene annegata da un'onda anomala di distorsioni quasi sludge e dalla voce post harcore. L'insieme sta in piedi, fa pensare a come potrebbero diventare romantici i Rammstein, se solo volessero. La seconda traccia, "To kill you in your sleep", mette a fuoco la ricetta che lega gli ingredienti di questo calderone sonoro in continua ebollizione: la voglia non troppo celata di omaggiare il prog degli anni 70 aderendo comunque alle leggi non scritte del post rock: tensione, tempesta, calma. "Feathers cry in pillow sleep" si avvale del vocoder per costruire una tessitura sinistra e poi dipanarla ottimamente tra arpeggi e aperture epiche. "Goblin", come si evince dal titolo, paga tributo alla band di Simonetti, mentre con "Vendetta !!" siamo dalle parti dell'emo anni 90, con tutte i nostalgici stati d'animo connessi a quel periodo. Ho dei grossi problemi col piano finto di "Shooting monkeys in to space", ma il pezzo ha un alto senso drammatico e giunge a segno. "Rainbow club" è un ponte verso "That's not how the story ends", il finale post apocalittico, perfetta sigla di chiusura di una serie tv a tema.
Un lavoro sfaccettato, segnato dalla tastiera come croce e delizia dell'intero album. Avrei prediletto strumenti reali, lasciando da parte quel modernismo da software, che fa suonare tutti come i Muse. Lasciando da parte le perplessità foniche, i brani sono coinvolgenti ed affascinanti, suonano onesti come pochi altri nell'affollato panorama di genere e lasciano l'ascoltatore stanco ed appagato, come dopo un viaggio importante. Li attendiamo fiduciosi alla prossima prova.
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La recensione Superhumans di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-05-31 00:00:00
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