Lo chiamano “il poeta delle pantegane” Federico Tavan, usando il titolo di una sua poesia per definirlo. Imprigionandolo, come si fa ogni volta che si rinchiudono una personalità, un'espressione artistica, una persona, in una facile didascalia. Perché è vero che lui è quello che scrive “La fogna mi piace perché è in basso come l'inferno”, ma nelle sue poesie c'è anche l'amore che fa andare “via per i prati a diventare fiori, api e miele”, c'è l'infanzia scalza, c'è la preghiera di essere lasciato in pace “lontano da quelli che comandano”, a “cantare così, contento”. Nell'ep di Marco Brosolo, che ha messo in musica alcune poesie di Tavan (il titolo “Volo sbranato” è l'anagramma dei due cognomi, e in qualche modo riesce già a restituire l'idea di questo bipolarismo letterario), un quarto d'ora basta per entrare in un mondo arcaico eppure moderno, duro come la pietra e limpido come l'acqua, spirituale e materico, innocente come lo sguardo di bambini, vecchi e folli. Rispettosamente, l'interpretazione è misurata e l'accompagnamento sobrio, una chitarra acustica che fa quasi tutto da sola – a parte “Parabola”, dove si riaffacciano le origini indietroniche di Brosolo – e con delicatezza regala le giuste note a “una voce piena di canto”.
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