Si dice “sembra facile, ma non lo è”. Il Prog non sembra facile, e non lo è. Non è facile tecnicamente e non è facile dal punto di vista compositivo/strumentale. Non parliamo poi dei testi. E come se non bastasse c’è sempre da fare i conti con quell’immenso macigno che è la storia, i grandi nomi, i grandi album che hanno scandito i momenti topici del genere (e non solo), e che per forza di cose diventano ogni volta termini di paragone. Il campo da gioco è il loro, ci sono i loro nomi scritti sul tabellone e, badate bene, non esiste una serie b: Genesis e King Crimson, i Pink Floyd, la nostra PFM… la lista è lunga.
I Finister fanno sostanzialmente prog (vagamente marcato di alternative, vedi l’into di “Simon says” o il riff e il crescendo di “Absinthic vision”), il loro “Nothing is real” conta cinque pezzi e dura circa venticinque minuti. Le intenzioni sono abbastanza chiare, in questo senso niente da eccepire. Il problema è quello che ho esposto in apertura, e cioè che se per tanti generi vale la regola del “sembra facile ma non lo è”, e quindi uno si butta ma almeno ha la scusante, il Prog non sembra facile perché non lo è, e buttarsi significa sapere a che cosa si va incontro. Non è nemmeno facile da contaminare, figuriamoci semplificare. I Finister hanno deciso di provarci comunque, a modo loro, perché sono degli appassionati; la base è sincera e si sente. Più discutibili invece sono i pezzi; il sound troppo semplice e scarno (niente comunque che una buona produzione non possa migliorare), il cantato in un inglese scolastico e poco coinvolgente (“Isolation”). Discutibile è la mancanza di linee melodiche e riff che facciano davvero presa o che quantomeno supportino la tecnica (vedi la ballata di turno, “Provocation”, e la psichedelia accennata di “My dreams are away from here”).
Per come la vedo io non si può correre in Formula Uno con una Golf, perché per quanto uno ce la metta tutta - e prepari a dovere un’auto comunque valida - arriverà sempre fuori tempo massimo. Ripeto: lodabile l’impegno, ma non basta. Detto questo, se “Nothing is real” si trasformasse invece in un punto di partenza - chennesò, magari per qualcosa di più esplicitamente Alternative, cosa che secondo me calzerebbe - il discorso potrebbe cambiare. Del resto un Ep è sempre un Ep, e i Finister sono giovani. Tempo di crescere ne hanno.
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