La buona notizia è che il terzomondismo e i colori sudamericani non sono più appannaggio esclusivo di tristi figuri con le treccine che leggono Garcìa Marquez dietro le loro bancarelle di merce equosolidale. La cattiva notizia invece... non c'è. Perché gli Honeybird and the birdies sono, insieme ai Vadoinmessico, la ventata di cosmopolitismo che ci salverà (speriamo) dal folk straccione. Gli Honeybird (un'italo-americana, una siciliana e un torinese) provano, con l'aiuto di Enrico Gabrielli, produttore del disco, a svecchiare il genere – se di genere si può parlare - aggiungendo miriadi di suoni e sfumature. Come se non bastassero charango, organetti, ukulele e berimbau vari, oltre al plurilinguismo – inglese, tedesco, catanese – loro ci aggiungono psichedelia, funk, anche un rap sui generis (“Where 'ya live yo?”). E così, fra le dissonanze noise e lo spoken word art-rock della title-track, il folk-pop sognante di “Swimming Underwater”, l'etnico popolare (“Cajaffari”) e quello indie e vagamente darkeggiante alla Bat For Lashes (“To The Earts Core”, “Perejil”), fra i ritmi tropical aggiornati di “East Village”, la dance di “Eine Kalte Geschichte” e i flash psichedelici di “Kanopy Dream”, ci accompagnano in un viaggio intercontinentale fatto col cuore e la mente aperti a ogni tipo di esperienza e contaminazione. Ce ne vorrebbero di più, di gruppi così profondamente e sinceramente nomadi. Dovrebbero riprodursi.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.