”Un disco registrato tra la nebbia e la neve”: dubbi non ce n’erano, che non ci fosse sole in quei giorni. Perché la sensazione immediata che si percepisce ascoltando questo disco, è il tepore crescente di una stanza riparata mentre fuori è tutto un esplodere di grigio gelato e bianco intenso. Come cantare morbidamente davanti a paesaggi immobili e dentro brucia forte qualcosa, percorsi emotivi leggeri e raccontati col garbo di una voce sognante e di semplice presa: ascoltare Mara ricorda il momento in cui da bambini aspettavamo di prendere il gelato, o mangiare pane e cioccolata, il momento di prendere una pausa dolcissima e più che meritata, perché avevamo mangiato tutto il minestrone e finito i compiti. E oggi come allora, finire i compiti resta sempre la cosa più dura.
“Way Out” apre asciutta e geometrica, e già pare di stare su una nuvola a un quarto d’ora dal cielo, mentre la strumentale “Afternoon Here” è un giro sulla giostra a cavalli, e “Your Lies” funziona subito con la sua melodia nostalgica e il cantato più attuale, e il refrain da carillon di “Close”: c’è pure “Nine Threads”, una cover dei dEUS, tra country e sixties.
Tra folk, rimandi al passato, tradizione cantautorale al femminile, “Dots” è un debutto ben costruito e davvero gradevole, così impalpabile e sottile da poterci guardare attraverso, una sorta di boule de neige da fissare per poco più di venti minuti, e immaginarsi lì dentro tra malinconie e tenerezze, a dondolare tra i fiocchi. Ce lo meritiamo, proprio ora: i compiti aspetteranno.
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