Quel cd, lì fermo da tempo immane, con la sua grafica di copertina faceva pensare di trovarsi di fronte ad un lavoro contenente musica elettronica. Ascolto. Riascolto (bleah!). Nulla di più errato.
Si pensa financo d'esser in crisi, di non saper più scrivere, ma assai più probabilmente la questione è la seguente: è difficile scrivere quando c'è davvero poco da dire…
Il pastrocchio organizzato dai Mug - nessuna info circa provenienza, età o influenze… quasi niente insomma - soffre anzitutto di una registrazione piuttosto casalinga, ma su questo si può tranquillamente soprassedere, no?? Le canzoni, dunque.
Il cantato è nulla più che un tarantolato in amfe che geme e sussulta, convinto di veicolare melodie ma alla fine uniformato/appiattito proprio sul suo stesso sussulto, poi il bello (si fa per dire) viene invece con la chitarra.
Pura plastica metal, satura quanto incolore che (s)permea tutti i brani. Ma mica cercare qualcosa di ‘caldo’, di vero (e nel metal, di chitarre così, ce ne sono eccome, sia chiaro), macchè: via giù dritti col gain a palla e tante, tante, tantissime medie ed alte frequenze che… insomma, come quando da chitarristi pivelli si pistolava col multieffetto da due lire cavandone delle scoreggine che sembran ruggiti, sputtanando una tecnica che invero c'è.
Quanto ai testi, fortuna vuole che i Mug siano finiti nella pila di cd del sottoscritto: immagino che il prode Teo Remitti, che alle liriche guarda parecchio, avrebbe liquidato la questione con un sibillino: assurdamente vuoti, incomprensibili.
Questo è quanto, e stasera che ci sarebbe il tempo, proprio non v'è la voglia di dilungarsi oltre: altro, e ben più emozionante, sa offrire l'underground nostrano. Adios.
---
La recensione demo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-08-28 00:00:00
COMMENTI