Era un giorno di tre anni fa. Maggio duemilanove, una crisi economica appena cominciata, la prima conta dei morti per disperazione, nel silenzio.
Napoli trascorreva l'ennesima giornata di una primavera più triste delle altre. Uno dei periodi più brutti che ricordi, per la città: in giro pochi turisti, risse e cariche della polizia per le discariche, la paura che l'emergenza spazzatura rovinasse un'estate, Berlusconi e le sue promesse, gli umori rabbuiati da un Napoli che arrancava, rischiando la retrocessione tra litigi e notti brave di Lavezzi.
Sembra ieri, quando il postino mi portò a casa “Behind” degli Abulico. Il disco girava, e con essa la cornice di un tempo, i suoni tinteggiati scuri nella malinconia di una città uccisa con le speranze di un futuro, il disagio, la sensazione di una città morente, la fuga come ipotesi perenne.
Il tempo passa e con esso le sensazioni di un cambiamento, nuove fasi e nuove prospettive. Un lungomare liberato, festival e concerti, un'intensa sensazione di cambiamento, nel viso i sorrisi che cercavi da tempo impressi in facce nuove, quelle dei giovani. Nuove come le sonorità di “Il colore dei pensieri”, secondo disco degli Abulico: aperture, suoni luminosi, spiragli di una luce non più riflessa da una finestra nell'oscurità, ma irradiata in ogni luogo ed in ogni posto. Nove tracce che rappresentano davvero una piccola rivoluzione, seppur in continuità con il precedente disco, espressa con una maggiore apertura ed accessibilità, l'uso dell'italiano, la voce che da sommessa diventa espressione di una positività inaspettata, veicolata dalla forza delle idee.
Intuizioni che sorprendono, come un'apertura alla Arcade Fire in “Colpa del Ghiaccio”, che giungono fino alle venature hyperpop dei Temper Trap ne “La purezza del Silenzio”. Sonorità rare ed inaspettate per la scena napoletana, come le chitarre sovrapposte di “Incerto”, un insieme ricercabile nei Glasvegas, o in quelle linee di chitarra a pioggia tipiche dei Doves.
Quasi un'ora d'ascolto e ti ritrovi a sorridere, scrutando tra la confusione umana e chiassosa di un centro storico libero dal traffico le tracce della tua felicità, la sensazione di un riscatto, malcelato dalle risate dei ragazzi di Palazzo Giusso, dell'euforia di Piazza del Gesù, catturato tra le note radiose e tremendamente belle di un disco che aspettavi da tempo.
Come un arcobaleno dopo la tempesta, una vitalità rigenerata. Suoni come odori di una nuova primavera.
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