Con buona pace di repubblicani e soci, è ancora il black la strada dalla quale ripartire.
Un disco che trasuda black & soulness da tutti i pori. Dove Luca Sapio è Al Green e Terry Callier, Sam Cooke e Smokey Robinson, tutti assieme. Non che della voce di Black Friday e ex Quintorigo già non ne conoscessimo il talento, ma “Who Knows” ne sposta la linea di confine ancora più in là. Partendo da lì dove gli Area nel ’99, lo accoglievano come ultimo e ideale sostituto di Demetrio Stratos, e circumnavigando, ora come allora, tutti i più chiari e rintracciabili punti di riferimento. Compimento di una voce sempre più figlia di quell’esigenza fondamentale, dove la versalità e la tecnica si sposano a servizio dell’anima.
Pensato e realizzato guardando all'America, con al banco di produzione un peso massimo come Thomas “TNT” Brenneck (e leggi un curriculum con dentro Amy Winehouse, D’Angelo e Cee-Lo), suonato con dei session men di prima classe (gente del giro Dap-Kings, Extraordinaries). Registrato dentro il cuore pulsante di New York, nel Dunham Studio di Brooklyn, con i muri a tenere stretta ogni singola nota di colore, l’analogico dei nastri, distribuzione Rough Trade, e potrei ancora continuare, ma mi fermo qui, perché se la parola internazionale resiste ancora, con quei suoi unici ed imprescindibili scampoli di valore, siamo di fronte a un disco maestoso. Classico, come se ne sentono solo licenziati dalle solite due o tre label d’essai. Che si prende il lusso di passare in heavy rotation a casa di David Letterman, sulla CBS.
E quindi, white soul che si insinua, con la grazia dell’autunno, lungo lo skyline della metropoli. Una mattina passata al laghetto delle anatre a Central Park. Qualche sospiro amplificato dal freddo, nascosto sotto la lana delle sciarpe. E sempre la solita testa in alto, alle nuvole e agli spifferi di sole. I cieli di New York come Milano come Parigi come Roma. Canzoni con quell’aura di sorriso beffardo e ruvidezza, tipica di chi la vita la vince dopo averci lasciato in conto l’anima. Perché basterà una sola donna, sempre, a tenertì lì col fiato sospeso (“How did we lose it”, “Wonder Why” e un altro mezzo album, in pratica). Undici pezzi con le corde vocali che grattano e colpiscono fino ai bassifondi del cuore, i fiati che entrano e sono epifanie, degli arrangiamenti mai fuori posto, eleganti e superbi a sostenere tutto il peso di una voce tasty e purissima come quella di Sapio. Come i solchi di un vinile sopra i quali stanno appuntati un paio di capitoli di ordinaria visceralità ed esistenza.
Un album per il quale l’unico atteggiamento qualificalibile è la fierezza di poter vantare, tra i propri connazionali, basette & pizzo di cotanta potenza. Così groovy e radio-friendly, da potersi permettere la dittatura del viaggio in tutti i Yellow Cab. Con buona pace di repubblicani e soci, è ancora il black la strada dalla quale ripartire.
---
La recensione Who knows di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-11-09 00:00:00
COMMENTI (2)
Bello! Mi ricorda "The Commitments"...
Wow.