Avevamo dichiarato "la fine degli Amari". E in effetti gli Amari come li conoscevamo non ci sono più. Ed è un bene.
Nati entrambi nel 1997, Rockit e gli Amari sono un po' cresciuti insieme negli ultimi quindici anni. Li abbiamo seguiti passo passo, amandoli e odiandoli, acclamandoli e criticandoli, attraverso un percorso artistico che li ha visti idoli per certa nuova musica italiana. Simbolo di un'alternativa possibile nel concetto di pop e simbolo anche del fallimento del sistema musicale italiano, che mai ha creduto davvero in loro.
Tornano oggi a fare un disco, dopo tre anni dall'ultimo, sempre fedeli ad uno stile inconfondibile, ma ormai lontani dalla band che agli esordi sconfinava nel crossover e che raggiunse il suo punto più alto in quell'ibrido di hip-hop e canzone d'autore che è "Grand Master Mogol", oggi ancora capolavoro attualissimo. Quindici anni di cambiamenti continui, a macinare chilometri in un eterno girovagare tra centinaia di palchi. Dopo aver deluso con "Poweri", il nuovo "Kilometri" segna un punto di rottura con il passato. D'altronde da queste parti qualcuno aveva dichiarato "la fine degli Amari". E in effetti gli Amari come li conoscevamo non ci sono più, perchè decidono quasi di azzerare tutto e ricominciare da capo, spiazzando con il loro disco (più) pop.
Accantonano i sussulti hip hop, le anomalie strumentali, la disco 8 bit, il frullatore tecnotronico e le citazioni da remix anni ottanta. Stavolta non si balla e si scherza poco. Niente pose e neon fluorescenti. Niente fuochi d'artificio e sorprese ad ogni costo. Nove canzoni fatte di melodia, ritornelli e semplicità. Tutto molto morbido, arioso, cortese. Si cerca la poesia, si sfogliano pagine di diario, si confrontano adolescenza e maturità, con malinconia e romanticismo a prendere spesso possesso della scena.
Musicalmente le strutture diventano più chiare, lineari, immediate. Chitarra e batteria hanno ora la stessa dignità dell'elettronica. Il sintetizzatore si muove delicato ed ogni ricamo strumentale saltella lieve per esaltare strofe e ritornelli, con Dariella che diventa protagonista e veste gli abiti del cantautore pop. E così, nei riferimenti artistici, i vari Gorillaz, Neptunes, Kanye West fanno un passo indietro, lasciando il campo a Samuele Bersani, Lucio Battisti e Max Pezzali. Ci sono persino i Noir Desir e Sting che vivono insieme in "Aspettare, Aspetterò" piccolo gioiello, un po' "Le vent Nous Portera" un po' "Englishman in New York". Cambiano i riferimenti, cambia lo stile, ma gli Amari sanno inventare un brano semplice quanto magnifico come "Il tempo più importante" che meriterebbe un posto nelle orecchie di tutta Italia. E si vola alto anche con "A Questo Punto", sorta di romantica rilettura alternativa degli 833. Adorabile anche la brit-wave di “Ti Ci Voleva La Guerra”, che probabilmente piacerebbe a Damon Albarn. Meno convincente la marcetta pop di "Africa", così come "Kilometri", title-track che suona come un riempitivo di Tiziano Ferro cantato sottovoce. Interessante invece l'electro-ballad “La Ballata Del Bicchiere Mezzo Vuoto", un po' vecchia maniera.
Talvolta i brani, anche i migliori, si perdono in ovvietà, lasciando spazio a qualche attimo di noia. Anche i testi non sempre hanno il giusto mordente e alternano momenti molto ispirati a qualche banalità. Nel disco però c'è del bello e la tendenza a diventare appiccicoso intesta. Per chi li amava, si avverte nostalgia per la verve giocosa e per la loro unicità stilistica, eppure i "nuovi" Amari sembrano funzionare in questa veste da pop band più "normale" e generalista. Non stupiscono, non vogliono farlo, ma probabilmente hanno centrato un nuovo bersaglio.
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La recensione Kilometri di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-01-22 00:00:00
COMMENTI (1)
Fate ancora cagare