Primo lavoro per questo quartetto ligure composto da 10 tracce di rock chitarristico che si autodefinisce ‘grunge-core’, e la definizione calza a pennello. Purtroppo, ci viene da dire: sebbene registrato e suonato con una buona dose di energia e ‘tiro’, il disco (ep solo nel titolo, vista la durata) soffre di limiti pesantissimi - sia a livello compositivo che di interpretazione - proprio per l’eccessiva vicinanza agli stilemi di quello che una volta si chiamava ‘grunge rock’. Nei momenti più ‘agitati’ sono evidentissime le influenze dei Nirvana e dei primi Bush (in alcuni casi ai limiti del plagio), mentre in quelli più melodici le linee vocali e l’impostazione del cantato ricordano addirittura i Verdena - un urlato/melodico (in italiano) decisamente monocorde. La ricetta varia poco di canzone in canzone (riff-stacco o arpeggio-riff…), e le poche buone soluzioni (il passaggio strumentale di “Fuoco…” per esempio) rimangono ‘annegate’ nel complesso di un album che offre rarissime sorprese - cosa inevitabile se pensiamo a quanto male sia invecchiato il ‘grunge’ dal 1995 in poi.
A mio modesto parere, i migliori episodi del disco sono quelli più vicini alle zone più ‘estreme’ della musica di Seattle, vedi Mudhoney - i quali oggi come oggi sono tra i pochissimi che mi sentirei di non ridimensionare. Per farla breve, si sente che è un esordio: le buone intenzioni sicuramente ci sono, basterebbe magari ampliare un po’ il proprio orizzonte di ascolti - e concedersi qualche indulgenza di meno (lasciatemelo dire: il finale di “XXI febbraio”, con le voci recitanti e la ripresa di “Lesioni” è stucchevole), soprattutto a livello di composizione di linee vocali e testi.
Un lavoro di ‘raffinatura’ non potrà dare che buoni frutti.
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La recensione ep di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-09-12 00:00:00
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