Folk elettronico fatto in casa ma di ampio respiro. Cinematografico.
Chiedetemi chi vorrei essere se potessi incarnarmi in un'altra persona, e io vi risponderò Alexandra Patsavas. Chi? La tizia che fa il lavoro più bello del mondo, ossia selezionare musiche per film e serie tv, e lo fa nel modo più cazzuto del mondo: un pezzo dei National e magia, l'intellettuale che sta guardando Gossip Girl smette di vergognarsi per due o tre minuti. Bene, se io fossi Alexandra Patsavas – o se fossi me stessa e qualcuno mi offrisse finalmente il lavoro dei miei sogni – troverei sicuramente una scena da enfatizzare con la folktronica immaginifica di Rhò. Il quale, d'altro canto, ha in curriculum soprattutto sonorizzazioni e musiche da film, per cui tutto torna: i brani di "Kyrie Eleison" sembrano avere una trama, e si prendono il tempo che serve per svilupparla, senza costringersi negli schemi della forma canzone, ma anche senza perdersi in lungaggini o sperimentazioni fini a se stesse.
La matrice di cantautorato folk è sempre ben percepibile, non solo nelle tracce più orecchiabili - “Nailless” (canzone “da picnic” secondo l'autore), la quasi dance “3000 birds” - ma anche in quelle più ambientali e meno strutturate, come “Pillow” - nove minuti che iniziano come un risveglio disneyano e passano per una melodia morbida e acustica che sfuma e si perde in un crescendo elettronico, “That Time” - ancora un pezzo che sfiora i dieci minuti, di nuovo uno scivolare dal new acoustic agli m83 senza soluzione di continuità, la strumentale ecclesiastico-spaziale “Kyrie Eleison”. E “Behind”, solenne, ricca, emozionale, ho deciso che la metterò in una scena madre di Grey's Anatomy quando mi reincarnerò nella Patsavas.
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La recensione Kyrie Eleison di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-01-02 00:00:00
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