Nella nuova scena dei cantautori italiani c’è un angolo di penombra che spesso viene trascurato dal pubblico. È una zona frequentata da musicisti che vivono di disagi interiori e di ritornelli cantati col cuore appesantito. La tendenza al dramma, però, viene sempre smussata da un senso di leggerezza che traduce il tutto in una malinconia a bassa intensità, di quelle che si provano quando la festa finisce e si deve tornare immediatamente adulti. Roquentin è Nico Di Florio, già nei Sunflower e oggi alle prese con la carriera solista.
Musicalmente c’è qualche parallelismo con Artemoltobuffa, non solo per le chitarrine acustiche in prima fila e per uno stile vocale sottile e introverso, ma anche per certe fascinazioni letterarie alla base di entrambi i progetti: Carlo Emilio Gadda per l’autore di “Stanotte/Stamattina”, Jean Paul Sartre per Di Florio (Roquentin è il protagonista de “La nausea”). C’è molta indolenza nelle canzoni, una nausea - per l’appunto - appena accennata tanto nei testi quanto negli accordi, anche se non mancano mai aperture sonore che rasserenano l’umore (“Disco di vinile”). Roquentin fa dell’introversione il cardine della propria espressione musicale e dimostra di avere una buona vena compositiva, per un album che non è un capolavoro ma che ha una sua dignità artistica.
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