Una bella voce - a metà tra la Carmen Consoli e Irene Grandi - con una spiccata passione per il rock-blues. Tante chitarre slide e distorisioni ma con un precisa direzione verso un appeal radiofonico di zona anni 90 stile Tori Amos. Le sfumature non sono poche, ci sono echi dei walzer saturi alla Tom Waits ("Lentamente"), la musica per cocci rotti e rumori di Sandy Dillon ("26 febbraio", una delle migliori canzoni del disco), si sconfina anche nel rock-grunge più pesante ("Fino in fondo"), certo il marchio di fabbrica blues-pop-patinato torna sempre. L'esempio più calzante è la cover della Vanoni ("Domani è un altro giorno") che suona praticamente uguale alle altre: trafisgurata totalmente rispetto all'originale, rischia di passare inosservata. Da un lato è un bene, vuol dire avere le idee chiare e, dal momento che non siamo più negli anni 90, avere del coraggio nel portare avanti un proprio percorso personale; di contro l'ascolto di 11 tracce di fila risulta un po' viziato e skippi più frequentemente di quanto in realtà questo disco si meriti.
Un disco ben prodotto, con un suono riconoscibile ma con ancora poche idee e poche canzoni veramente belle. Samuela Schilirò non è da stroncare ma deve dimostrare ancora molto.
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