Riassunto delle puntate precedenti: a metà dell'anno scorso arriva a Rockit, e da lì alla mia scrivania, la discografia - ben quattro album - di tali Pip Carter Lighter Maker, da Maranello. Nè la redazione nè io li conosciamo, benchè siano in giro da diversi anni e abbiano suonato anche all'estero. Sulla Rete, pochissime informazioni in più: una recensione in tutto e una pagina fan su Facebook con (allora) due soli iscritti. La musica dei PCLM, però, parla da sola: l'album "Western civilization" mi fa quasi saltare dalla sedia dopo il primo ascolto.
Soprattutto in un momento in cui il termine "psichedelia" sembra essere tornato di moda per indicare il tutto e il niente, e dai gruppi hard rock a quelli elettronici nessuno si fa mancare la magica parolina all'interno della scheda stampa o a latere del proprio genere principale, e se gli citi i gruppi che hanno creato quel suono - Pink Floyd esclusi, che anche mia nonna sa a memoria i loro pezzi- ti guardano con tanto d'occhi.
Ecco, dunque, i Pip Carter Lighter Maker sono un vero gruppo psichedelico, che conosce alla perfezione il genere (tanto di sponda inglese, la loro prediletta, quanto americana) e che ha studiato fino al minimo dettaglio il suono in questione ed è riuscito a riprodurlo e reinterpretarlo. Il risultato è una band che, pur in economia di mezzi, riesce ad avvolgerti col sound di un'epoca che fu (e che, per alcuni, non ha mai avuto ragioni per smettere di essere). E che ricorda tutto fuorchè rock casareccio ala bolonnaise: mio fratello, ad esempio, che sulla musica ha la puzza sotto il naso molto peggio di me, li accosta, con le dovute proporzioni, alla Chocolate Watchband.
Questo nuovo capitolo della saga PCLM prosegue così sulle tracce del precedente "Western Civilization", rinvigorendo ulteriormente l'approccio in virtù della resa dal vivo ("Start to sleep", "Morning light"), senza rinunciare agli antichi amori, come le atmosfere alla Sergio Leone ("The Sailor", ideale continuazione di quella "Italian song 69" che non mi è uscita dalla testa per giorni e giorni) e gli Stones di fine Sessanta (il blues "rivisto" di "Full of rain"), riuscendo anche a farli incontrare, davanti a uno sciamanico "Storyteller".
E riesce al contempo ad addentrarsi in territori ancor più tenebrosi e avvolgenti (con l'hammond di "Move your mind" e le psychotic reactions di "I see you by my side"), e a sfoderare singoli da urlo come "People" e la stessa title-track. Singoli da urlo, ovviamente, per il 1967. Ma provate a cercare quali dischi sono usciti in quell'anno e confrontateli con quelli del 2012. Capirete perchè non riesco a smettere di ascoltare i Pip Carter Lighter Maker.
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