Il silenzio, le pause della musica, la quiete del rumore. Poche luci accecanti che splendono nella notte più nera.
Una danza ipnotica quella degli Slow Motion, sospesi tra le nuvole dilatate dei Labradford, vicini all’elettronica minimalista della Warp, contagiati dalla new-wave più colta. Una danza fatta di preamboli, di passi incompiuti che inutilmente cercano di trovare un senso comune.
Fantastici pensieri sfiorati con delicatezza, spunti pregevoli che si insinuano nella mente come ricordi confusi; sentimenti a me familiari che emergono solo concentrandosi attentamente.
Attesa per un’esplosione che mai avverrà, malinconia, presagio della fine, nei momenti più banali un fondo di noia, forse fa parte del gioco.
Ripensandoci a freddo, l’impressione di avere sentito qualcosa di molto ambizioso; puntare in alto senza riuscire a centrare pienamente il bersaglio.
A nessuno interessa la perfezione, avvicinarsi è comunque un’impresa. Complimenti!
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La recensione The days of station wagons di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-09-16 00:00:00
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