Ho da sempre vissuto in una valle tra gli Appennini (che detto così sembra bello, invece no) e non ho mai sviluppato un vero rapporto col mare, lo percepisco come qualcosa che non mi appartiene, un luogo di vacanze, una pausa scura e romantica tra due terre, e non so se sia più semplice stare a galla oppure affondare. Fidarsi o meno, non so: ma il senso di questo titolo va oltre la pura distesa d’acqua e diventa metafora del nostro modo di affrontare le cose, delle relazioni con gli altri e il mondo e sé.
Tra testi curati e pulizia dei suoni, Fabio De Matteis si inserisce nella tradizione cantautorale italiana con i modi giusti, rispettando una sorta di galateo musicale dove non sono permessi gesti esagerati, sperimentazioni eccessive, lampi e guizzi fuori dai binari: ogni canzone è in equilibrio senza cedere al peso di forzature, e le tracce scorrono come aria profumata tra le finestre, con la morbidezza e i ripensamenti di un sonno malinconico. La leggerezza sonora come punti di colore su un immenso foglio bianco già racconta che non si può parlare di innovazione o picchi di originalità, ma il disco funziona perché è come se ci fosse un obiettivo chiaro, una visione netta, come se ogni traccia fosse legata all’altra e anche a Fabio, in un disegno ben studiato e non buttato lì. Molto bella “Amami”, davvero un sussurro della buonanotte, come pure “Vita In Sottovuoto” che recita “Questa non è una canzone orecchiabile” ma non è per niente vero, perché “Io Non Mi Fido Di Questo Mare” conta interamente su un’immediatezza che stabilisce con chi ascolta un rapporto confidenziale, e già dopo poco ti ritrovi a cantare anche tu.
Album d’esordio per De Matteis (al secolo Fabio Specchiulli) che si avvale della collaborazione di Massimiliano Lotti e Giuliano Dottori: un piccolo rifugio in stile classico che si specchia sulle onde che si infrangono, e su noi che le guardiamo, tra paura e sfida.
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