La notizia è più che buona: La Casa del Vento è cambiata. Tanto. Nata come progetto clone dei Modena City Ramblers all'inizio degli anni duemila, con tanto di imprimatur dato dalla presenza di Cisco (voce dei MCR) come cantante nel primo disco, La Casa del Vento negli anni ha portato avanti un discorso molto simile a quello dei Ramblers. Folk rock senza pretese la musica, ultraimpegnati e terzomondisti i testi. Per intenderci: canzoni dedicate a Che Guevara, ai migranti, ai pugni alzati. Quella roba lì, insomma.
La notizia di un cambiamento, quindi, è più che buona, perché di combat-folkers invecchiati male bastano e avanzano i modenesi. "I giorni dell'Eden" è un disco che è e rimane di folk rock, ma spariscono tutti i passaggi più da saltelli e minipogo sottopalco. Soprattutto, spariscono i testi da manuale politico, sostituiti da storie, metafore, riflessioni personali. È questo a pesare nell'ascolto del nuovo disco della Casa del Vento. "I giorni dell'Eden" è un album di una band che finalmente mette le canzoni davanti ai messaggi. La sensazione è quella di una sostanziale liberazione, senza più zavorre di coscienza a dettare l'andamento dei testi.
Perno su cui è avvenuto questo cambiamento è stato l'incontro con Patti Smith, che si è innamorata di questo gruppo al punto da affidargli la produzione e la realizzazione di due brani del suo ultimo disco. Un'esperienza che, come ovvio, ha cambiato l'idea stessa di fare musica della band di Arezzo. Da quell'incontro, da questa nuova consapevolezza, nascono brani come "Portati dalle nuvole", "Giorni dell'Eden" o "Berlin Serenade". Echi del passato tornano in "Horria", ma nel complesso si è di fronte a una band che ha fatto una sterzata nettissima, scegliendo con forza la forma della ballad e dimostrando di saperla maneggiare con abilità. Una sterzata necessaria e coraggiosa, che merita apprezzamento.
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