Operazione nostalgia tra i novanta e i duemila, non male ma poco personali.
A volte sono piccoli segnali. A volte si fanno più grandi. A volte bisognerebbe accorgersene. A volte bisognerebbe ricordarsi quantomeno di Proust e delle madeleine.
Il titolo, l’immagine di copertina, dal simbolismo diretto e senza fronzoli. Il video del singolo, “Milano”, un mashup tra post-neorealismo ed un campionario del turismo da cartolina, Intervallo-style, fa riaffiorare alla mente, senza superarle, le peregrinazioni milanesi di Morgan ("Altrove") e de Le Vibrazioni. E poi, epifania, quei tom all’inizio di questi ventiquattro minuti così anni '90: per qualcuno i duemila sono stati valicati da relativamente poco tempo. Del resto, bastava leggere la presentazione del gruppo: i Killing Jake, la cui infanzia musicale si forma in quegli anni sospesi tra i novanta e i duemila, dichiarano deliberatamente di aver ripreso gli strumenti in mano andando scavare nel loro baule dei ricordi per questo progetto. L’operazione nostalgia però, pur filologicamente corretta, non riesce a toglierne la polvere e a smussare alcuni angoli che negli anni si sono rivelati strade deboli, se non minori, sopratutto da quando si è andati verso una radicalizzazione degli stili.
Il prodotto è un calderone rovente di chitarroni, batterie ben definite, passaggi punk all’acqua di rose, vaga attitudine hard rock. Due i riferimenti di quegli anni che vengono alla mentre: i Punkreas, la traccia “Maledetti voi e il Rock n’roll” potrebbe essere una loro b-side, e la parte più hard-rock e meno progressive dei Timoria (album di riferimento “Viaggio senza vento” e “2020 Speedball)”. Un pezzo su tutti, il “Il senso del viaggio”, è un intero corto-circuito anni novanta-duemila inanellando citazioni di marca Timoria nella struttura e nei ritornelli, melodia alla Ligabue nella strofa ed un certo chitarrismo da guitar hero italiano di quegli anni nelle parti soliste.
Ma se gli arrangiamenti, seppur datati, sono solo un involucro, le canzoni non riescono comunque a spiccare il volo del tutto. I testi, seppur onesti, non brillano per originalità e la ricerca melodica è fin troppo permeata nelle soluzioni di stile adottate. L’operazione macchina del tempo è certamente riuscita, onore delle armi, e ci sono anche delle parti strumentali di pregevole fattura, ma, per ora, il peso dei riferimenti si sente tutto e lascia ben poco spazio ad una via personale. Maledetto rock’n’roll (di quegli anni).
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La recensione Maledettti voi e il Rock n' Roll di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-05-13 00:00:00
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