Sandro Joyeux Sandro Joyeux 2012 - Reggae, Acustico, Afro

Sandro Joyeux precedente precedente

Per una volta al centro del mondo mettiamoci l’Africa. E partiamo per un viaggio assieme a Sandro Joyeux. Sarà molto istruttivo, oltre che avventuroso…

La strada, l’autostop, i camion, i treni a scrocco. La ricerca del padre, il mondo alla rovescia, l’arabo, la musica che comincia a entrare nelle vene senza uscirne più. La vita di Sandro Joyeux è un romanzo fermo a metà, dalle pagine lise, dal finale tutto da scoprire. Se non fosse per qualche certezza fusa nelle parole, nei suoni, nel sentirsi parte di una sorta di nuova beat generation confinata a Dakar o giù di lì, in undici canzoni che abbracciano un sud piegato dalla guerra e dallo sfruttamento. Che preferisce vivere, mostrare con orgoglio le proprie radici.  Rivendicandole.

Partiamo da qui, dal momento in cui un ragazzo di origini francesi si mette in testa di spostare al centro dell’universo l’Africa nera (il mondo alla rovescia, appunto), i suoi dialetti, le sue mille frammentazioni. Per poi impossessarsi di canzoni in arrivo dal Mali, dal Senegal, dal Niger, dal Congo, dalla Costa d’Avorio. Come “Kemè Bouramà” e “Sunu societè”, parti integranti della tradizione africana, sconosciuta (snobbata?) da chi si fa scudo della pelle bianca e delle sue sicurezze. Joyeux invita a salire sul piedistallo artisti dal pedigree infinito come Zao, Boubacar Traoré, i Magic System, un certo Fela Kuti, spesso li scarnifica (tipo “Ancien combattant”), altre volte preferisce non discostarsi troppo dall’originale (“Mariama”, per esempio). In ogni caso la sua è un’impronta visibile, così come quella chitarra nuda, quella voce polverosa e sofferta. Elementi che si riverberano nei pezzi autografi: l’acustica “Niomiyiran”, una sorta di introduzione al discorso che da lì a poco si svilupperà, il reggae di “Kingston” che incrocia la tarantella, i ritmi di “Sur les rives”, gli arpeggi rabbiosi di “Voleurs de vie”. Inevitabile farsi venire in mente Amadou et Mariam, i Tinariwen e il loro deserto: a ben guardare i più fieri rappresentanti di quell’african dream che Sandro Joyeux, forte del piccolo aiuto di artisti del calibro di Daniele Sepe (sassofono in “Zombie”) e Ilaria graziano (voce e cori nella già menzionata “Sunu societè”), e del non indifferente impatto delle sue canzoni, ha deciso di rappresentare lungo lo stivale e per le strade di mezzo mondo. Poi quel romanzo di cui sopra forse troverà la fine, ma lasciarsi prendere dalla fretta di terminarlo sarebbe un peccato. 

---
La recensione Sandro Joyeux di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-03-08 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia