Un buon gruppo folk che prova ad abbracciare temi impegnati e allontanarsi dai cliché. La strada da fare è ancora tanta
Echi del cantautorato italiano - De Andrè su tutti - ce ne sono ma i Musicanti del Vento ne hanno ancora di strada da fare, soprattutto se vogliono cantare di tematiche così scomode e moralmente impegnate, permettendosi anche di esprimerle con metafore e altri giochi retorici. C’è la tematica del viaggio che si sviluppa con lo scorrere delle tracce e ritornano anche la solita crisi, la precarietà e tutte quelle brutture dell’Italia di oggi che massacrano questo povero poeta matto nel corso della suo iter e che si incarnano nei vari personaggi da lui incontrati.
I Musicanti del vento provocano con il loro lavoro la risata, a tratti amara, ma raggiungono l’apice con “Orazio” , che non ci parla più di tematiche scottanti, ma di “puzze, culi e terroni” provocando volgare ilarità e nient’altro. Infine, a conclusione del disco, troviamo “Zappo la terra” che ci illude con un refrain interessante ma finisce per perdersi di nuovo. Il ritorno alla natura come unica via d’uscita da questo orribile periodo che lo stivale sta attraversando. Ecco, questo lo prendiamo come buono.
Disco ben registrato, una voce che si presta al genere folk e una bella squadra musicale (fisarmonica e organetto, basso elettrico, tromba, chitarra classica, violino, percussioni e batteria) sono delle buone basi da cui partire, ma c’è anche la necessità di un incisivo lavoro di lima.
Sono certa che questo disco possa piacere a mio nonno e a tutti gli aficionado delle Sagre paesane. Lo stesso cantante ad un certo punto canta di tale “Sagra del porcello", conscio del grande successo che I Musicanti del Vento potrebbero riscuotere se cantassero sotto l’albero della cuccagna mentre si mangia della buona polenta. Un po’ imbarazzante, devo ammettere.
"Salvato il salvabile", tutto il resto è noia.
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La recensione Al circo del poeta matto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-03-08 00:00:00
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