Stavolta Omid Jazi è solo, si immerge nella campagna e nella psichedelia e tira fuori un gran disco. Sedici tracce, e non una che non funzioni.
Un attimo prima di dormire, nella veglia a occhi chiusi, in profonda meditazione come monaci Zen: è in queste occasioni che la nostra attività cerebrale produce onde Alfa, regolari e sincronizzate, una sorta di stato mentale pacifico e senza scosse, la quiete dei pensieri, il mare nel pieno della serenità all’alba, l’ansia cronica e ineffabile fuori dalla porta. E nell’epico incontro col proprio inconscio, nel tête-à-tête più intimo e complesso, nascono i brani di questo disco, dove la psichedelia non si limita a essere un genere musicale, ma diventa un modo di essere, uno stato emotivo, la principale maniera per declinare sensazioni e idee in prevalenza notturne, solitarie, personali.
Nel lungo viaggio tra le canzoni, cresce l’impressione di trovarsi di fronte a una vasta opera di riflessioni, slogan, ripetizioni rituali come nella terza traccia dove il mantra è “Taglia le paranoie con una sega rotante”: poi canzoni che in fondo sono d’amore, belle e sognanti, come “Le Connessioni”, e “Orsetto Polare” che col suo vestito sixties recita “Femmina, ho fatto un casino, poi come al solito mi sono pentito”, o “Pensiero Magico” dove il sentimento si esprime con “Tu mi piaci, sei fuori più di me”. E ancora accessi elettro-punk che virano verso il caos (“Memoria Allocata”), e nel caos il motto è “Sto bene, sto finalmente bene”, e così, arrivato a metà sei già catturato, ingoiato nel mood e pronto ad andare avanti: e continua il percorso ipnotico, tra malinconie e linee vocali struggenti (“Giulietta Ha Le Chiavi”), ballate romantiche (“Indaco”), riff da rocker in “Tira Con L’Arco” e la chiusura con “Onassis” che pare di vedere in un minuto e mezzo colori a olio che si mescolano fino a diventare l’istante esatto in cui perdere conoscenza e prendere coscienza sembrano in fondo la stessa cosa. E sei sempre lì, nell’attimo prima di dormire, lì per scivolare nel sonno ma c’è ancora uno spazio piccolo che non sai bene cosa sia, e ti accorgi che è proprio lo spazio raccontato da Omid Jazi.
Primo full length per lui, che aveva già raccolto consensi nei Supravisitor e negli Water In Face (insieme a Nevruz Joku) ma è ormai noto come quarto Verdena, e qui decide di fare tutto da sè con il solo apporto, in alcuni pezzi, del batterista Federico Alberghini (Three In One Gentleman Suit): immerso nella campagna modenese e con una dotazione che fonde analogico e digitale in una miscela efficace e centrata, Omid crea un disco che possiede al tempo stesso la leggerezza e lo spessore dei minuti che anticipano i sogni, dove le parole non si dimenticano e i suoni abbracciano senza stringere (quasi) mai, e tutto il resto pare non contare, se non noi. Cosa vuoi, più di così.
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La recensione Onde Alfa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-02-05 00:00:00
COMMENTI (2)
Un gran bel disco, pieno di colori, maestria e poetica. Mi ha spiazzato ed ipnotizzato con un raffinato eclettismo.
Recensione a dir poco spettacolare e album semplicemente perfetto.