Terzo album per i padovani Jennifer Gentle (quarto se si considera la colonna sonora del corto “Come tu mi vuoi”), di certo il più difficile della loro produzione. Ma non per questo meno bello. Anzi.
Registrato dal vivo durante il minitour italiano dello scorso maggio, in compagnia del chitarrista giapponese Kawabata Makoto, il disco documenta il lato noise e visceralmente fisico della band. Già, perché i tre nuovi brani del cd non sono altro che folgoranti testimonianze delle torrenziali improvvisazioni cui i patavini si lasciano andare dal vivo. Messa in un cantuccio la vena pop di brani come “No mind in my mind” e “Locoweed”, i Jennifer si autenticano in “The wrong cage” come side band di oscuri membri dei teutonici Can, dei Pink Floyd dell’era Ufo (lo storico locale psichedelico della Swingin London), dei Velvet Underground tenebrosi di “Melody Laughter”. E – novità nella novità – con questo lavoro, denso, scuro, delirante e bellissimo, danno l’assalto al mercato estero. “The wrong cage” esce infatti il primo novembre in contemporanea in Italia, Inghilterra, Francia e Stati Uniti. Certo, merito della collaborazione con Kawabata, che all’estero gode di buona fama (copertina su “The Wire”: basta?) grazie alla sua attività di sperimentatore che spazia dall’hard-rock psichedelico più aggressivo al folk per arrivare alla musica concreta. Ma non solo: i patavini hanno coraggio da vendere, affrontando mercati importanti con un cd che di ammiccante non ha nulla e rinunciando alla distribuzione Giucar in Italia, nonostante le buone vendite di “Funny creatures Lane”, per non rinegoziare il contratto. Per chi volesse comprare il disco, non c’è altro da fare che ordinarlo sul sito dei Jennifer o comprarlo a un concerto.
La musica, quindi? “Bring them” delizia coi suoi 14 minuti e mezzo di improvvisazione chitarristica mai inutile, sempre necessaria e pregna di significato, in un clima tra i Pink Floyd di “Ummagumma” e i Velvet Underground più acidi; “Man from Mu”, solo per sarongi di Kawabata, sorta di violoncello indiano, incanta coi suoi suoni strazianti, che più che alla leggendaria saggezza del continente perduto rimandano allo strazio e alla follia della sua altrettanto leggendaria guerra con Atlantide; “Couple in bed by a green flashing light” chiude il disco con 12 minuti e mezzo sull’asse New York – Londra – Berlino, quasi una declinazione psichedelica del percorso esistenziale che fu di Lou Reed tra sixties e seventies. E certo, l’ipnoticità della sua “Heroin” non può non tornare in mente, all’ascolto del vortice di note prodotto dai sei.
Per chi volesse infine compiacersi dal vivo delle prelibatezze di marca Jennifer Gentle/Makoto Kawabata, sono in arrivo sei date in comune a fine novembre 2002.
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