La Scena ne ha per tutti. Non te la manda a dire. La Scena è schietta, come una rapper. Un rapper che appartiene alla sua Scena. Un rapper che “Sotto effetto gangsta” “la tua dura infanzia / il papà che ti sevizia / [..] Eletto status symbol / il bullo del quartiere / Incastra le parole per comunicare / quante donne ha / I soldi che possiede / […] Dormirò meglio ora che so quanto è grosso il tuo pene”.
La Scena non la manda a dire neanche ai rocker consumati della Scena rock italiana anni '90: “Montato più di un mobile ikea / spocchia intellettuale / Autoreferenziale / […] Sta zitto e suona! / La lunghezza del tuo membro è inversamente proporzionale / A quella dei tuoi assoli”.
Ma non è che tutto questo citare il pene, nasconda in una specie di ragionamento psicotico all'inverso, un'invidia del pene repressa, quella della Scena? Ma prima di rispondere a questa domanda, La Scena insinua il dubbio su un altro tema: e se l'invidia del pene fosse quella dei musicisti per i dj? “Sei tu la vera rockstar / Al club 5 minuti prima del tuo set / Mentre noi siamo qui da ore / Il cachet di una tua serata è un nostro tour di un mese / Tu beato tra le donne”.
Invidia allora forse? Perché La Scena ne ha anche per altri appartenenti alla Scena, di qualunque subspecie antropologico-metropolitana facciano parte. O forse non è invidia. Forse è solo punk. Fare casino per fare casino. Che La Scena è franca, non te la manda a dire, proprio come il punk settantasettino che urlava “I fought the law and the law won”: La Scena è la legge, conta solo La Scena, e La Scena, se ti vuole, ti fotte, e non puoi farci niente, appartieni a una qualche Scena.
La Scena è punk e suona sporca, perché chi se ne fotte del registrare un disco per bene, conta solo La Scena. E per concludere, ad oggi 27 febbraio 2013, La Scena è anche profetica: “...se tutto va bene siamo rovinati”.
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