Fuori dal mondo delle autoproduzioni (seppur ‘d'alto bordo’), i Mariposa si accasano presso Santeria per questa loro seconda opera, forti delle positivissime recensioni di quel "Portobello Illusioni" che anche su queste pagine aveva trovato accesi estimatori.
Forte e deciso, in costante via di maturazione, il gruppo si è chiuso per un mesetto buono in un maso sulle colline veronesi, per uscirne con questo "Domino Dorelli". Indubbiamente, nei nostri sembra esser cresciuta l'indole ‘zappiana’, a discapito della canzone autoriale: meno Capossela, quindi, e molti più ‘siparietti’ e pezzi stralunati. Questa l'iniziale impressione, del trovarobato che diventa quasi un ‘avanspettacolo’ messo in musica, a volte a scapito della reale messa a fuoco delle canzoni, ove rimangono però i testi surreali a firma di Alessandro Fiori.
Archi e fiati in profusione, un coro di voci bianche in apertura, una presentazione in spagnolo, una frase in tedesco, un trip psycho-rock in piena regola ("Vamps di rumore"), tutti suonano di tutto, il rock nel senso stretto del termine si fa sempre più distante, a dar l'idea di un'evoluzione che -ammetto- può davvero spiazzare.
Eppure, l'accumularsi degli ascolti restituisce a "Domino Dorelli" quella gioia che i primi Mariposa avevano saputo donare, anche se la carne al fuoco è talmente tanta che davvero vien da pensare che, nella smania di farcire, stupire, forse destabilizzare, incuranti di etichette e confini, forti di una padronanza tecnica davvero sopraffine, alla fine i nostri si siano un po' - diciamo così - fatti prendere la mano.
Alla fine, bastano un pianoforte, pochi strumenti sfiorati ed una voce, per ammaliare: penso a "La linea e il Cynar", o anche a "Pinoleium Christi": i Mariposa hanno benissimo nelle loro corde la magia di un rapimento, la semplicità capace di evidenziare tutte le loro doti, e allora perché, perché tutte queste… farciture?
Occorre però evitare di confondere aspettative personali e cercare di accostarsi a "Domino Dorelli"<b> b>a mente sgombra, goderne la valida produzione: vi si apriranno comunque splendidi paesaggi trasognati, aperture psichedeliche e (appunto) siparietti assortiti, canzoni che paiono fuori dal tempo, in cui convivono tranquillamente bruciaporri, acciughe senza amici per giocare e Cynar, minestre di maggiorana con semi tostati di cielo, zuppe di sirene al pompelmo rosa (non a caso fa la sua comparsa la divertente citazione de "Il pranzo è servito"!).
Bravi. Ancora un "bravi" insomma, e amen se la direzione intrapresa potrebbe essere irta d'ostacoli (e non è quella che il sottoscritto auspicava): ai Mariposa il merito d'aver fatto ciò che volevano. Prendere o lasciare, l'importante è che vogliate accomodarVi.
Ascoltate, poi ditemi.
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La recensione Domino Dorelli di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-11-11 00:00:00
COMMENTI (1)
zappiani, album bellissimo