Ero appena uscito da casa che il postino mi blocca per darmi una busta…visto che ultimamente ricevo solo bollette, gli ho detto di infilarla nella cassetta della posta. Al mio ritorno scopro che non era un’ingiunzione di pagamento - felicità! - bensì materiale audio da recensire.
Tutto defilato salgo a casa e inizio ad ascoltare la prima traccia, “Midnight sun”, mentre guardo l’esterno del contenitore del supporto audio…entra subito una chitarra che a mio avviso rievoca i Placebo prima maniera, buona tecnica anche se un po’ sofferta, quello che si fa notare subito è il tempo, le battute, un po’ lente per i miei gusti, poi penso che per criticare ci sono da ascoltare altri dieci brani. Mentre passeggio per casa il cd fila liscio e tranquillo. Dopo un paio d’ore riavvio il lettore a random e mi parte la numero sei, ovvero “C.L.T.”, una bella sorpresa davvero, una chitarra acustica molto dolce e semplice accompagnata da una elettrica in distorsione. Poi la numero nove, “hamlet will forget”, altro sound rievocativo, uno di quei testi fatti per essere ascoltati in auto con i finestrini chiusi mentre vai da qualche parte indefinita. Insomma, complessivamente questo lavoro si presenta ben costruito, ricco di buone contaminazioni musicali, da Lou Reed, al ricordo delle battute e qualche marcia dei Doors, alla chitarre di Jimmy Page ed al mitico D. Gilmour dei Pink Floyd in “Going to California”, fino a spingersi ai giorni d’oggi con i Pearl Jam.
Anche la sequenza delle tracce è stata pensata, e questo denota passione, attenzione e professionalità. Dopo gli elogi le critiche sono d’obbligo; spesso nell’ascoltare i Giorgio Gabba & The Pink Gacose, appaiono flash e immagini di artisti sicuramente più conosciuti e veterani, e ciò significa che le contaminazioni spesso sono eccessive. Ogni gruppo o artista deve avere degli stimoli ma anche un carattere personale, suoni che devono essere inconfondibili e ricollegabili soltanto a chi li ha inventati e suonati. Complessivamente traspare una buona tecnica ed un buon affiatamento tra gli elementi che comunque singolarmente, avendone le possibilità, devono osare di più, molto di più. Giorgio Gabba, il cantante, deve migliorare la sua tecnica e decidersi, una volta per tutte, se adottare uno stile vocale già presente sulla scena musicale e migliorarne lo spirito comunicativo, o se crearne uno nuovo sperimentandolo ed ampliandolo il più possibile. Un buon gruppo, che come tanti se vuole può migliorare, prendendo la strada dell’allontanamento dai soliti stereotipi. La musica ha continuo bisogno di rinnovarsi, e ciò deve essere attuato da chi la suona e non da chi la ascolta… a buon intenditore poche parole.
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La recensione Maybe tomorrow di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-11-12 00:00:00
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