Ascoltare questa seconda Opera degli Zeus! è stato come giocare una partita a Trivial Pursuit: per ogni domanda a cui sapevo rispondere, ce ne erano almeno quattro che mi sfuggivano. E sono ancora lontana così dal prendere la tanto agognata laurea. Perché “Opera” degli Zeus! è un concentrato di citazioni, giochi di titoli, riferimenti (s)concettuali che ti si piantano tra i timpani e cominciano a trapanare con la forza motrice che i decibel sputati dal basso e batteria di Paolo Mongardi e Luca Cavina sono in grado di generare. Co-prodotto da Tannen, Offset e Santeria, “Opera” è distribuito in America dalla mitologica Three One G di San Diego, che non solo ha voluto il duo malefico in scuderia, ma appare nel disco nella persona di Justin Pearson, re locusta dell'hardcore americano, urlatore senza scampo in “Sick and destroy”, un muro metallico di ritmo grindcore, veloce, complesso e aggressivo.
“Opera” è idealmente diviso in tre atti. Il primo, quello dedicato al metal, inizia con “Lucy in the sky with King Diamond”, una dichiarazione di intenti a partire dal titolo: da una parte i baronetti inglesi del pop, dall'altra la Danimarca del heavy metal, un'apertura d'assalto che già sfoggia le arditezze ritmiche di cui è difficile afferrare i moduli, e quando riesci a portare il ritmo col piede, la materia ha già cambiato forma e si è trasformata inevitabilmente, lasciandoti confuso anche quando il ritmo si fa quadrata ironia in “Decomposition N° !!!”, a vele spiegate verso l'isteria; “Set panzer to rock” è il vero carrarmato, un hardcore d'annata reso particolarmente inquietante dalla presenza del theremin di Vincenzo Vasi, come un disco volante che atterra su un campo pieno di mine antiuomo. L'immaginario primo atto si chiude con “Beelzebulb”, che fa riferimento nel titolo al diavolo in persona, e infatti il brano si configura come una discesa agli inferi, una messa nera di cori diabolici.
Il secondo atto è quello dei compositori del '900, “La morte young”, chiaro riferimento a La Monte Thornton Young, considerato il padre del minimalismo in musica, da cui trarrà spunto anche la drone music: ritmiche sbilenche e stop & go agghiaccianti, synth da strizzare i capezzoli e costruzioni prog fatte per essere subito distrutte. “Giorgio Gaslini is out Tom Araya”, oltre a richiamare nell'immediato i fratelli Zu, mette insieme il jazz e gli Slayer, in un connubio jazzcore consapevole del fatto che Gaslini abbia composto anche alcune colonne sonore per Dario Argento: il tutto si dipinge di grigi rumori industriali, la pesantezza delle macchine a lavoro che suonano come un'apocalisse desolata in cui il mondo non sarà altro che questo, macchine e rumore.
Il terzo atto è quello dei grandi compositori del passato: “Bach to the future” è il grindcore barocco, ricco, ai limiti della sopportazione risonante, con i suoi saliscendi melodici da spastici movimenti di mascelle danzanti. “Eroica” richiama nel titolo la sinfonia di Beethoven, anche qui svolgendo un lavoro ritmico sviluppato nello spazio, accanto all'inquietudine noise-drone di “Grey cerebration”, fino alle vette math, con tanto di spintone noise finale di “Blast but not Liszt”.
Le prodezze tecniche degli Zeus! si rivelano sempre stupefacenti, dove accanto al rumore e alla violenza c'è sempre una capacità di creare ritmiche complesse e spiazzanti, ma riuscendo comunque a donare ai brani un'autoconclusività: gli Zeus! ti prendono a calci nel culo e ti fanno rotolare dove gli pare, ma sanno sempre esattamente dov'è che ti stanno portando. I suoni grossi così, grazie anche all'apporto nei paraggi del mixer di Tommaso Colliva, prendono dall'hardcore quanto dal black metal (di cui si scorgono anche alcuni riff classici del genere) imbottendo tutto di trame sonore piene e pressanti, insieme alle suggestioni spettrali da musica cinematografica evocate dall'uso del theremin. Nonostante la precisione matematica degli incastri timbrici e ritmici, l'effetto è urgente e spontaneo. Il Trivial Pursuit versione Zeus! è sì ricco di citazioni, rimandi, riferimenti, ma è anche un concentrato di ironia e giochi di parole. Un mondo (im)possibile dove convivono Araya e Ludovico Van, Bach e Pearson, un meeting di menti musicali con Mongardi e Cavina a dirigere l'orchestra, con la consueta leggerezza inversamente proporzionale alla brutalità dell'ambiente sonoro.
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