L'avevo detto nella recensione del singolo di non riporre i fazzoletti, ché ci sarebbe stato da pulirsi il sangue dalla bocca. Dopo un po'di singoli, un tour europeo e un tour in Italia in corso, citando Boris Vian, armati di baffi e occhiali da sole, i Wildmen pubblicano il primo LP, ed è il mostro che ci si aspettava. Col rock'n'roll fatto di garage e furia punk, del riff twist'n'roll di “D.R.U.N.K.”, del country-sludge di “Born after midnight” e il southern stop & go di “20,000 $”, “Wildmen” non sbaglia un colpo, infilando in scaletta uno dietro l'altro undici brani che non calano mai di tensione, con un suono americano tutto chitarre e batteria.
Dal Mississipi passando per New Orleans, una puntatina nei deserti texani e perché no, fermarsi a bere un bicchiere on the road con quei viandanti della beat generation sporchi di polvere accumulata saltando giù da treni in corsa: i Wildmen si portano dietro anche un'iconografia imponente, che questo suono richiede ed evoca. Però scommetto che il meglio lo danno dal vivo, certo è ovvio, una carica così non può e non deve restare nei solchi di un disco.
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