Eterea Postbong Band
BIOS 2013 - Sperimentale, Elettronica, Post-Rock

BIOS

Labirinto psichedelico di math(ematics) rock, raccomandato a un pubblico di curiosi

La matematica non sarà mai il mio mestiere, questa è una delle poche certezze che la vita mi offre. Forse la musica sì, e quando le due cose si incontrano (molto più spesso di quanto io voglia credere), volente o nolente, devo far(ci) i conti.

“BIOS”, nuova fatica discografica degli Eterea Postbong Band, licenziata da Trovarobato, è un disco circolare: si apre con “The rise of Ramanujan” e si chiude con “The fall of Kasparov”. Due menti scientifiche, quella di uno strano matematico indiano che enunciava formule senza dimostrazione e quella dello scacchista più forte del mondo. In mezzo ci passa un mondo di citazioni: “Homo Siemens”, uno dei pezzi più forti della collana, una specie di dubstep bollywoodiano che si ricongiunge alle Americhe tramite un sample di “I'm walking” di Jerry Lee Lewis; le costruzioni ritimiche di “Fibo”, basate sulla serie elaborata dal matematico italiano, a onor del vero idea già sfruttata in “Lateralus” dei Tool, anche se in un contesto di genere e timbri completamente diverso – per la prima parte un colorato caleidoscopio di ritmi e sound sintetico, nella seconda parte, un omaggio alla “Carmen” di Bizet, con tanto di fiati, e una certe tensione alla psichedelia anni '70; il cross-over fischio-rap di “Tim Peaks”, che anticipa la stralunata “Mentina”, arrancare sbilenco e pattern ritmici inafferrabili. E' il gioco del “Trova la citazione”: gli Eterea Postbong Band ne nascondono una e più in ogni canzone, dai campionamenti dei film e dei programmi scientifici, alle citazioni musicali che vanno da Syd Barrett al famoso intervallo della RAI.
Tra gli ospiti di questo complesso lavoro, Enrico Gabrielli a fiati, glockenspiel e coloriture varie, il californiano Dave Santucci ai fischi e Martino Cuman dei Non voglio che Clara.

Descritto così, questo labirinto psichedelico di math(ematics) rock, sembra indistricabile e anche un po' difficile da affrontare, e in effetti l'ascolto bombarda di input sonori e sinestetici che, ad abbassar la guardia un momento, sembra di perdere il filo del discorso. Dall'altra parte c'è una potenza melodica e un uso brillante dei timbri che restituiscono un album super-fruibile, quasi da ballo. Unica nota stonata, una certa patina intellettualistica e compiaciuta nel complicare il più possibile le cose, nell'ostentare conoscenza e reminiscenza, che potrebbero risultare troppo estranee all'ascoltatore, quindi ascolto raccomandato a un pubblico di curiosi.

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