Nella scia dei cantautori seri con humour, canzoni riuscite e altre meno.
C'era una volta il cantautore un po' impegnato un po' scanzonato, intelligente senza tirarsela da grande intellettuale, un po' centro sociale un po' Sanremo (ultimo in classifica/premio della critica), testi con un sacco di nomi di persona a cui rispondevano personaggi strambi, reietti esclusi dalla società omologante – ma senza drammi strappalacrime – e storie d'amore sui generis. C'era una volta – diciamo ai tempi in cui Daniele Silvestri andava in giro col megafono e Niccolò Fabi narrava di questioni tricologiche – e c'è ancora: all'ultimo posto della classifica di Sanremo, Artù ci starebbe come un pollo nel pollaio (a proposito, non sarebbe stato meglio lasciarlo dov'era, il povero volatile usato per la brutta brutta brutta copertina?): cantautore un po' rock un po' folk, un po' pop un po' alternativo, con Rino Gaetano nel cuore, e nella testa tante storie e tanti personaggi un po' matti e molto soli. Un po' antichi – l'impiegato postale sfigato, la vecchia coi ricordi al dito – un po' attuali – la rivoluzionaria pentita che sposa l'impiegato, lo sposo reticente – raccontati in forma di filastrocca (“La canzone fa così”, “Giulio insomma”), o di tormentone estivo (“Bagnomaria”), o di sottofondo alla Manu Chao da liceo okkupato (“Mimi sciacqua i denti col gin”), o di ballata da cantastorie stradaiolo (“Danko l'uomo stanco”). Non tutto bello, anzi ci sono cose di cui si poteva tranquillamente fare a meno: il pollo di cui sopra per esempio, che anche nella canzone a lui dedicata (“Il pollo si fa la gallina”) non ne esce proprio bene – per non dire di peggio. Lo dico? Sa di Povia, “qui lo dico e qui lo nego” – ma anche altre che invece vanno a testa alta all'inseguimento dei classici del genere (“La vecchia col dente di bronzo che a me sembra bianco perché sono sbronzo”)(la canzone è meglio del titolo).
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La recensione Artù di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-05-30 00:00:00
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