Amore e Politica potrebbero da sole riempirti una vita. Rendertela memorabile o semplicemente tragica. Potrebbero appagarti, deluderti, addolorarti e persino farti morire, nella peggiore delle ipotesi. Roba pesante insomma, da maneggiare con estrema cura. Il buon Adriano Iurissevich, invece, in barba alla stessa austerità del suo titolo saggistico, le pone al centro del proprio esordio sviscerandole con leggerezza, garbo e stiloso cazzeggio, intrecciando con fili colorati scampoli di storico cantautorato italiano, musica leggera, folk, jazz e teatro-canzone. Ben supportato da un nutrito manipolo di collaboratori il musicista livornese si muove agile e sicuro nei continui cambi di palcoscenico musicale, dove di volta in volta prendono vita storie, luoghi e personaggi dei bei tempi andati o di un presente viacrucis de’noantri (xenofobia, precariato, politica becera e TV vampiresca). Il Paolo Conte più beffardo nascosto dietro la cinica coltre di “Capro Espiatorio”, la nostalgica cartolina al sapor di Concato di “Amante di gioventù”, il vivace scorcio gaberiano di “Bar di Venezia”, il Piero Ciampi di “Non m’illudo”, che precede non a caso una canzone (fin troppo pieraccionesca) dedicata a Livorno, il grande Sergio Endrigo mimetizzato dentro la commovente dolcezza di “Dormi, figlio mio” o i frivoli esotismi de “Il tuo sorriso”, subito sepolti dalla clownesca danza macabra di “SqualloreMelmaOrrore”, testimoniano la versatilità artistica del Nostro e una memoria storica da competizione, per nulla inficiate, a dire il vero, da qualche luogo comune sparso qua e là e da qualche simpatico déjà-vu.
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