Niente di nuovo sotto questo sole rovente, anche perché da queste parti hanno già piantato l'ombrellone gruppi come Mojomatics, The Tunas, Dead Ghosts e quel gruppetto lì chiamato Ramones. Ma a me frega poco, io mi innamoro delle canzoni. I The Dancers mi hanno fatto innamorare quattro volte in soli dieci minuti. Direi che non è roba da poco. I tre veneziani sono tre fiere voraci scappate dallo zoo, fedelissimi a quel garage-rock hold school ad alto tasso energetico, il tutto supportato dall'essenza dell'immaginario surf californiano dal retrogusto vintage. “It's shame” non è niente di complicato: quattro brevi tracce adrenaliniche, registrate alla vecchia maniera in presa diretta, ma sorprendentemente leggere e spensierate senza rinunciare alla giusta ruvidezza un po' incazzata.
L'opentrack che da anche il titolo all'ep è letale, non lascia scelta, se non quella di accoglierla nella tua testa e canticchiarla fino allo sfinimento. La classica canzone che non ci gira attorno ma che scalcia e tira pizzicotti per attirare la nostra attenzione. Dicevamo niente di complicato, certo, ma tutto bello e fatto bene. Un appunto tuttavia bisogna farlo: non ci bastano più piccole manciate di brevi canzoni, dopo quattro ep, siamo pronti per un disco. Quindi, in conclusione, vi do un consiglio per l'ascolto di questo piccolo portento: non opponete resistenza, sciogliete i capelli, aprite una bella birra fresca, mettete su i The Dancer e sentitevi liberi di sculettare e svuotare il cervello da pensieri ingombranti, tanto sarà impossibile fare diversamente.
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