Un disco introspettivo, poetico, cantato interamente in dialetto triestino. Questo è l'esordio di Toni Bruna, falegname di Trieste con la passione per un folk intimista, dilatato, curato. Il suo sito, addirittura, si legge solo in triestino o in inglese (http://www.tonibruna.com/ ). Una netta presa di posizione, pare di capire: le radici, l'orgoglio dell'appartenenza, il coraggio, la faccia tosta di chi sa dove viene.
C'è del lirismo, i testi suggeriscono paesaggi naturali incontaminati miste a scene urbane degradate (pompe di benzina abbandonate, per esempio). E' quasi mistico, ci si potrebbe meditare con Toni Bruna. Di sicuro rilassa, scorre portandosi via tanti pensieri.
Ma il minimalismo non è sempre la carta vincente. Il disco ti fa sentire come dentro un didjeridoo, la respirazione circolare non ti fa fermare, le corde della chitarra continuano a essere pizzicate e dietro a un tramonto compare subito un'altra alba. Difficile trovare un fulmine a ciel sereno, difficile essere fulminati da qualche dettaglio. Sono tutti curati, belli e preziosi, ma rimangono nel circolo. C'è l'ukulele, i fiati, trame vocali interessanti. Ma il basso impatto ti culla senza mai scuoterti.
Dunque, lo aspettiamo al varco. Farà strada, l'ispirazione ce l'ha. Manca quel guizzo in più che risvegli l'ascoltatore dal piacevole torpore di questo folk da distese infinite.
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