Il musicista casertano ritorna con un disco più maturo che affida l’inquietudine di una vita alle plumbee sfumature del suo rock elettroacustico.
Ritroviamo LiPrando laddove lo avevamo lasciato nel 2011: a ripercorrere in tondo il suo stesso percorso esistenziale, con gli stessi vestiti e le stesse scarpe di sempre ma forse con una maggiore consapevolezza di sé e occhi nuovi per scrutare il suo (micro)mondo e raccontarlo. Cambia insomma la prospettiva artistica di narrazione che acquista mordente orchestrale e cantautoriale al contempo. Se in “Conseguenze” il musicista casertano rimaneva inesorabilmente prigioniero di certa musica leggera, anemica e derivativa, persino nella sua dimensione lirica, in questo nuovo progetto è forse la stessa inquietudine che dà il titolo al disco a dispensare nuove vie di fuga espressive, fatte di indolente psichedelia, crepuscolari scenografie elettroniche, chitarre nervose che scandiscono le pulsazioni cardiache di un “perpetuo pensare” – tra fredda new wave (“Cosa rimane”, “Quello che vorrei”) e quel surf rock che ha nobilitato in passato la carriera del Nostro (“Ogni volta che sei qua” o la stessa title track) – e chiaroscurali trame vocali che si dividono tra sussurri e colpi di coda melodici (una sorta di pop-versione di Cristiano Godano?). Tra i tredici brani del lotto anche qualche passo falso, che comunque non inficia la qualità di un ritrovato intimismo e di una rinata vena creativa.
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La recensione La vita inquieta di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-05-27 00:00:00
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