C’è una cosa che si chiama rock alternativo, anche se non ho mai ben capito cosa sia. Io intendo roba suonata con tutti gli strumenti e i crismi, con le chitarre presenti, le sezioni ritmiche arrembanti e solide, le note studiate, i pezzi variegati ché uno sorride al pop, l’altro è una hit, un altro ancora ti ritrovi a cantarlo il giorno dopo per tutto il giorno. E così ho già raccontato di questo disco, dove non manca niente dei suddetti elementi, aggiungi anzi ballate malinconiche dai testi acidi (“Il Mio Avvocato”), certe atmosfere strutturate, quasi che, mentre ascolti, la musica costruisse intorno a te tetti e mura fatti di Le Naphta Narcisse, un percorso preciso, attento, totalizzante. Scivolamenti in pista con voce effettata e su le mani (“Manicomio” e “Love Injected”), tristezza che dondola sulla batteria sicura (“Strega Stellare”), la morbidezza bella e sognante di viaggi coi finestrini chiusi (“Marcella”): tutto è comunque legato, abbracciato, avvolto in un comune modo di fare, e funziona, e trascina il minimalismo invernale da occhi socchiusi di “Allergico ai Franzosi”, intensa nel suo tessuto leggero che la pone tra le mie preferite, e puoi ballare coi tuoi movimenti rigidi nella corsa sintetica di “Libero De Rubo”, e chiudi infine con la title track che è come guardare l’orizzonte nell’attesa, che è una quiete nervosa, che è come gli ultimi istanti prima di una scelta. Band che nasce negli anni novanta e tra cambi di formazione, ritorni e ripensamenti arriva ora all’album d’esordio, con collaborazioni importanti (Tommaso Colliva, Rodrigo D’Erasmo) e una voglia che urla prepotentemente da ogni brano, questa è la cosa che mi ha colpito di più: voglia di suonare, convinzione, attitudine e molti spunti interessanti che fanno di questo lavoro una buona opera prima, con un paio di tracce qualche palmo sopra le altre, piccole inevitabili cadute, ma nel complesso davvero interessante.
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