Un disco indeciso fra Negramaro e Marlene Kuntz.
Quando uno è giovane, spesso esagera. Diodato è giovane, e infatti esagera spesso, in questo suo primo album: esagera per esempio nel cantato da novello urlatore strappacuore alla Giuliano Sangiorgi, il che ci porta al secondo punto, l'esasperazione in molti brani dell'enfasi strumentale e l'ansia di mostrarsi versatile quanto oculato negli ascolti. I risultati, com'è (quasi) inevitabile quando si mette tanta (troppa) carne al fuoco, sono altalenanti: si va su quando i toni si fanno più sottili e riflessivi, come in “E non so neanche tu chi sei” o “Capello bianco” - anche se i riferimenti sono sempre un po' troppo in evidenza, Marlene Kuntz su tutti ma anche Afterhours – o quando l'incastro fra brit e canzone italiana riesce a mantenersi in un buon equilibrio (“Mi fai morire”) e anche in certi momenti sporchi e blues di “Ma che vuoi” e della cover di “Amore che vieni amore che vai”. Giù quando si tenta il folk poetico-zingaro (“Ubriaco”), decisamente giù quando il negramarismo la fa da padrone, come succede in “I miei demoni” e, soprattutto, “Se solo avessi un altro”.
Ora, viste le premesse, si prospettano due scenari: il primo vede Diodato a Sanremo, o in altri contesti più o meno nazional-popolari, intento a sfoggiare singulti e falsetti su un pop-rock a presa rapida. Il secondo lo vede raffinare il songwriting, lavorare meglio sui testi, trovare la sua voce e fare un album di rock cantautorale (e andare anche a Sanremo volendo, perché no). Immagino sia inutile dire quale tra i futuri possibili mi piace di più.
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La recensione E forse sono pazzo... di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-07-04 00:00:00
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