Dolore, potenza, sofferenza, tranquillità, tenerezza infantile massacrata dall'urlo dell'esistenza, questo sono gli HOAT. Sezionano il loro intimo e ne ritagliano emozioni contrastanti, portando il loro lavoro a rimanere in bilico tra armonia e urla strazianti, arpeggi malinconici e improvvise distorsioni massacranti, capaci di delineare una frontiera sfumata e netta tra visione introspettiva e sfogo. Interiorizzato le influenze, che passano dal riflusso anni 80 al post hard-core/crossover/noise, gli HOAT spingono, ricercano e riescono a trovare un suono proprio, costruito e consolidato anche dalle innumerevoli provenienze artistiche. Tra Deftones e Quicksand, rielaborano e sviluppano gli input che arrivano dal continente americano, giungendo ad una evoluzione europea del nuovo metal. Gli HOAT non fanno parte della orrenda categoria "gruppo clone". La completezza del lavoro, considerando la tenera età della formazione, è notevole, trasmettono emozioni e rinfrescano il sottobosco musicale italiano, dove ska e etnico-folk ormai spadroneggiano. Omogeneo e viscerale "draining the swampy lands" arriva direttamente alla parte emotiva dell'animo e artisticamente non ha nulla da invidiare alle produzioni dei loro parenti americani. Insomma un CD estremamente affascinante, completo, privato.
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La recensione Draining the swampy lands di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-11-04 00:00:00
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