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Rebus 2013 - Pop

Rebus

Come da titolo, Rebus è un enigma: nevrotico e postmoderno o incasinato e basta?

Dicono di fare “rock psicotropo”, e non hanno tutti i torti: un certo effetto allucinogeno lo sortisce, questo Rebus. È suppergiù lo stesso effetto che si ha a fare zapping selvaggio di notte dopo un paio di cocktail: si vede di tutto, tutto a pezzettini e non molto definito. “Beniamino”, la prima canzone, è quella che ci introduce immediatamente e in modo a dir poco esplicito in quest'atmosfera compulsiva, con il suo alternarsi e accavallarsi di pezzi di telegiornale, Full metal jacket, televendite, Simpson, che lasciano poco spazio alla canzone vera e propria, un pop-punk con parentesi space-rock. Voci televisive e stralci di conversazioni da bar punteggiano anche il resto dell'album, a volte in modo efficace, altre sinceramente fastidioso – per esempio in “Mirta”, un bel pezzo pop alla Perturbazione, ce n'era davvero bisogno? E fra una pausa-citazione e l'altra si rincorrono brani bi(o anche tri)polari, allergici allo strofa-ritornello, che schizzano dal rock'n'roll primordiale alla canzonetta italiana anni 60, all'assolo rock-blues, al post-rock, ai cantautori ai Negramaro agli anni 80 agli Afterhours ai Bluvertigo all'electro-ambient e se mi sto dimenticando qualcosa aggiungete pure.

Uno zapping che ti lascia stordito, steso sul divano a chiederti se sia genio postmoderno, ritratto caleidoscopico di questo mondo malato e schizzato, o confuso vaneggiamento di uno schizofrenico. E poi ti addormenti senza aver ancora risolto il rebus.

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