Mi approccio all'ascolto del primo EP dei Sons of Anarchy conscia del fatto che si tratti di uno spin-off degli ...A Toys Orchestra e cercando quindi di gestire al meglio tutti i pro e i contro di avere delle aspettative alte. Ed effettivamente gli arrangiamenti sono ben all'altezza delle previsioni: i SoA sono riusciti a creare un suono primitivo, intuitivo e affatto scontato, cercando riferimenti musicali internazionali in uno spettro che spazia dall'alt-rock all'indietronica. Un suono che, pur essendo indubbiamente carico, allo stesso tempo non sa ancora bene cosa vuole essere; ma non ne fa un dramma, perché sporcarsi un po' con tutto quello che sembra possa funzionare è sempre cosa buona e giusta. Ad esempio, in alcune tracce stranianti e serrate si sentono gli echi delle ninne nanne deliranti di Apparat, che è comunque una contaminazione molto audace.
Un vero peccato, invece, per la scelta dell'inglese, che in questo disco proprio non c'entra una sega; forzato e privo di sintesi, rende i testi prolissi, incomprensibili e poco incisivi. Strumenti e cantato rimangono slegati come la pasta quando non si attacca bene col sugo e continua a galleggiarci sopra. Eppure i concetti spessi, sotto tutte quelle parole galleggianti, ci sono: quando in "Flames" Raffaele Benevento urla "Everyone is pretending to have fun" sembra prenderti a schiaffi. Sta parlando a te, proprio a te, che ogni giorno ti sforzi in modo disumano per sembrare splendido e super felice, anche a costo di trascurare quello che ti fa sentire bene per davvero.
Osservo un minuto di silenzio per tutti gli altri pugni nello stomaco che saranno andati persi nella traduzione. E intanto ascolto questo primo lavoro come si guardano le prove generali dell'esplosione di una bomba atomica.
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