Lo ammetto, ho la brutta abitudine di de-strutturare. De-strutturare le canzoni, i loro testi, le fotografie, i libri, le situazioni, i dialoghi, le serie televisive ed anche il cibo, se possibile. Forse è la monoliticità della complessità a spaventarmi, o forse una curiosità scomposta e disordinata, ma ormai l’approccio cognitivo additivo è quello cui mi affido più con fiducia che con rassegnazione. Ho imparato a conviverci e a mediare questa deformazione. Per esempio, per le situazioni formali che la vita mi para davanti, ho deciso di adottare la millefoglie come mio dolce preferito. La sua complessità, il rapporto tra i tre strati di pasta frolla e la crema e l’ulteriore glassa superiore, il bilanciamento d aspro e dolce, così come l’imprevisto di eventuali aggiunte mi affascinano e mi permettono di evitare la vivisezione dolciaria in contesti in cui sarebbe mal vista. Il più delle volte non riesco a rivolgermi alle mie pasticcerie di fiducia (almeno una per città, deformazione) e quindi il più delle volte mi trovo di fronte a tentativi informi di imitare questo dolce.
Non è questo il caso del primo lavoro degli Eskinzo. Una collaborazione nata nel 2009 alle Canarie sulla spiaggia di Eskinzo (per l’appunto) e cementatasi in quattro anni di collaborazioni tra Londra e Torino, ove i due componenti di questa esperienza rispettivamente vivono. Quattro anni spesi a dosare gli ingredienti, provare a costruire, affinare e raffinare. Il disco è subito invitante e nello svolgersi delle tracce rinnoverà più volte l’invito a farsi mordere e a lasciarsi andare nell’esperienza sensoriale. Chiudendo gli occhi, la struttura della sfoglia potrebbe sembrarti quella degli ultimi Radiohead, ipnotica ma decisa nel mescolare elettronica a strumentazione elettro-acustica in un mix foriero d’avventura in terre lisergiche. Ma è proprio lasciandosi trasportare dal flusso dell’esperienza che si scopre come ci siano più punti in comune con i Flaming Lips che con la band d’albione. Il gusto per la melodia (di marcata derivazione beatlesiana) e per la gestione dell’intero spazio di esplorazione è, infatti, predominante, anche se il carico di mescalina è stato tagliato con doclezza e limitato nell’assunzione, quasi a semplice valvola di sfogo di fantasia e libertà ad un’opera già programmaticamente decisa e strutturata. Stai ancora valutando la croccantezza della sfoglia quando la lingua entra in contatto con la crema e un retrogusto aspro (limone?) a bilanciare l’uovo porta la tua mente lontano… che siano i Depeche Mode? Assaggi e riassaggi, non credi alle tue orecchie, eppure un timbro vocale spesso vicino a quello di Dave Gahan e un’attitudine pop new-wave senza fronzoli e senza paura ma con tante scudisciate di synthoni ti fanno tremare al punto che potresti persino sentire gocce di cioccolato Pet Shop e Beach, marca Boys, ma poi ti fermi, potresti andare troppo oltre. E allora torni indietro, sempre dondolandoti per la stanza, ritorni alle sfumature. Smetti di vedere Dave e riattribuisci il giusto peso a Martin Gore e ad Andy Fletcher.
L’assaggio potrebbe esser giunto al termine, con ampia soddisfazione delle tue papille gustative, quando apri gli occhi e ti accorgi che la brutta abitudine di de-strutturare ha preso il sopravvento, seppur per poco, e tutto lo strato di glassa è ancora intonso nel piatto. Con la forchetta lo riunisci al poco della torta rimasta e cerchi di valutarne il contributo, l’apporto della produzione al disco, nel miscelarne i sapori e riuscire a contenerli fornendo un limite superiore ai percorsi possibili. Tanti sono i granelli scaldati per riuscire a controbilanciare l’aspetto elettronico con quello acustico: c’è molto alt-rock inglese, qualche pizzico di teutonica electronica,i NIN, echi floydiani e beatlesiani ed un sapiente utilizzo del termine pop, nel senso (non deteriore) di accessibilità. E forse questa glassa che ricopre tutto che permette a tutte le tracce di brillare e di non vederne prevalere nessuna a totale discapito delle altre.
Nel piatto non è rimasto nulla. Ma tu ne vuoi ancora. Vizioso o semplice goloso? Addiction.
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