Semplicità evocativa: tre strumenti, tre unici attori sulla scena
Il pianoforte è un'arma musicale camaleontica. A seconda di chi lo adopera può scatenare infernali tumulti o melanconiche serenate, tutto srotolato sulla semplice alternanza bicolore del bianco e del nero. Jerry Lee Lewis lo incendiava per farne uscire i diavoli del rock, Elton John pur con le dita tozze è riuscito in melodie pop di storica fattura, Lodovico Einaudi come pochi intreccia atmosfere sognanti a eteree onde marine. E' proprio a quest'ultimo che Bruno Bavota si avvicina, alla ricerca di un flusso melodico esploratore nell'anima di chi ascolta, creando scalinate che salgono e scendono, alle quali l'orecchio si incolla percorrendole in uno stato di oscillante abbandono.
La purezza del suono è una scelta minimale: solo pianoforte, violino e violoncello ogni tanto, per lasciare la mente libera di interpretare e creare forme e colori basandosi sulla semplicità evocativa di questi tre strumenti, unici attori sulla scena. Movimenti pacati delle dita sulla tastiera, a tratti l'ossessività del ripetersi dei saliscendi ipnotizza, ma in modo dolce, c'è poco di sperimentale in questo disco, ma la ricerca è comunque tratto fondamentale. La ricerca in questione è quella dell'emozione, delle più calde e avvolgenti tinte che essa può raggiungere, tutto si svolge con un ritmo lento perfetto per cogliere le sfumature nella trama del racconto musicale, vere fondamenta delle composizioni di Bavota.
L'uomo che ruba la luna, sì certo, come se fosse possibile, come se i satelliti ed i pianeti fossero lì a nostra disposizione solo per capricci amorosi. Il sognare di toccare i corpi celesti, di attirarli verso di sè è talmente distante dalla concretezza che diventa un pensiero quasi normale nella sua assurdità, tutto è così terreno che l'astratto è l'unica cosa che ci tiene in vita. La bravura di un pianista si misura forse in immagini indotte, le figure che la mente visualizza durante una composizione di pianoforte solo è il vero sistema metrico delle capacità dell'autore. Tasti neri e bianchi, poca roba, il giusto per creare bei dischi come questo.
---
La recensione La casa sulla Luna di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-03-04 00:00:00
COMMENTI