Ai Watussi - inventori di tanti balli tra cui spicca l'hully-gully - chissà quanti nuovi passi e movimenti spastici verrebbero in mente ascoltando questo disco di Bokassà e Maybe I'm. Ai piedi del Kilimangiaro alla fine si sta bene, fa caldo, magari la terra sotto i piedi scotta pure e saltellare alzando i piedi mezzo metro da terra pare più un obbligo che un diversivo.
Lo stesso meccanismo di reazione avviene nella pancia di chi ascolta le tracce di "Paraponziponzipò": il movimento sussultorio di tutti gli ogani interni è indotto dai ritmi cangianti di batteria e percussioni, le note lunghe e stridule di tromba penetrano in testa come barriti di cento elefanti, le distorsioni delle chitarre pungono come calabroni punk al loro ultimo pasto da kamikaze, tutto si compatta con la sabbia bagnaticcia e diventa di una potenza notevole. Incastrare questa musica tra i diversi generi è complicato, non è punk, non è del tutto jazz nè tanto meno afro, però c'è una piccola parte di tutti questi ed il risultato è originale, elaborato, carico di colorate complessità tradotte in suono con naturalezza. Gli Zu sembrano essere il riferimento più immediato.
Probabilmente al momento di dare un nome al loro lavoro, Maybe I'm e Bokassà hanno deciso di sezionare il primo pensiero evocante Africa nelle loro teste, Edoardo Vianello era lì a portata di mano, aveva cantato del continente nero con magistrale ironia e le sue parole perfettamente divisibili per cinque come i brani dell'album. La conclusione del disco esprime, con abili riproduzioni vocali, tutta la gioia profusa per il bel lavoro compiuto: quale miglior metafora di un poco plausibile coito simultaneo di tanti maschi insetto sopra un'unica fortunata esemplare femmina? Colpo da maestri per chiudere un disco ricco che parte dalla Puglia per arrivare fino in Africa, raccoglie le vibrazioni giuste e ritorna come un boomerang tremendo di potenza rock, l'attitudine, s'intende. Bella collaborazione tra artisti veri.
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