Esiste una tentazione alla prolissità cui va soggetta la maggior parte dei gruppi privi di una vigile produzione artistica: come vittime di una incontrollabile paura del vuoto, le band confezionano cd-r pieni fin quasi al limite del dischetto, e diluiscono con brani ancora immaturi, o meno validi, l’impressione magari ottima che un certo numero di brani aveva suscitato.
Non sfuggono a questa ‘regola’ gli Alogici, duo reggiano/mantovano che poteva, francamente, operare una sintesi delle scelte - per loro magari anche difficili e dolorose - proponendo un lavoro con la metà (arrotondata per difetto) dei brani. Perché, e arriviamo ai giudizi, il gruppo ha anche idee, è coraggioso nella riproposizione di certe atmosfere apparentemente fuori moda - che tre o quattro anni fa li avrebbero esposti a critiche feroci e oggi potrebbero invece rivelarsi vincenti su più fronti - tenta la sperimentazione eppure non teme la melodia e la ‘forma-canzone’ (sfociando con vari brani in uno stile ‘mediterraneo’ ricercato e raffinato, come hanno fatto Juri Camisasca o altri epigoni del Battiato facile).
E allora, forse, a definire l’ambito in cui si muovono gli Alogici sarebbe stato sufficiente anche solo l’inquietante straniamento di “Necrofilia” che evolve poi in brano d’atmosfera, o il pop raffinato ma cupissimo di “Dimenticanza” - ben interpretato da una voce femminile - in cui tra l’altro il duo centra l’obiettivo di creare una tensione intellettiva tramite l’oculato utilizzo di spezzoni audio tv, oppure l’elettronica minimale di “Pareti di stelle” o di “Nightmares” che fa tanto electro-pop britannico della prima metà degli anni Ottanta, tra Visage e Yazoo, tra Howard Jones e Human League.
In definitiva: c’è da lavorare per fare il salto di qualità, ma l’impressione è che l’opera sia già stata cominciata.
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La recensione L’originalità crea tradizioni di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-01-20 00:00:00
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