Sciorinati dischi dispersi campeggiano sulla copertina di “Halfway through”, concept made in Monopoli. Autori come Radiohead, Beatles, The Who, Bob Dylan, Jimi Hendrix, John Coltrane, Charles Mingus. E buone letture come Hemingway e Dostoevskij.
“Memorie del sottosuolo”, il titolo dello scrittore russo scelto; emblematico, per la storia sofferta e probabilmente autobiografica che Nick Marasciulo narra in questo dischettino autoprodotto. Che naviga sulle rotte di un pop vagamente dylaniano, tradendo le aspettative della copertina, immerso com’è tra le secche di ballate chitarristiche un po’ sciape che raramente riescono a colpire l’ascoltatore. E quando lo fanno s’incagliano in un pop incisivo ma già sentito, come nella bella “Life’s in the moment”, che ricorda pericolosamente l’attacco di “Radio” dei Corrs, unico brano da salvare dell’esecrabile band irlandese.
Sia chiaro: non è un brutto disco, questo di Marasciulo, ma suona un po’ anonimo, a causa forse degli arrangiamenti poco curati e troppo simili fra loro, forse a causa della materia autobiografica che urgeva maggiormente. Il disco racconta della crisi di un musicista, che senza sapere bene perché scopre un giorno di essere rimasto incastrato dalle regole della società. I sogni di gioventù, lo spirito r’n’r si rivelano infranti sugli scogli di un lavoro per bene, di una moglie che il protagonista ama ma da cui non è capito. “Il tempo è fuggito” e ci si ritrova prigionieri di “assolati giorni di plastica”, gli stessi probabilmente dei video di “Black hole sun” dei Soundgarden o, più modestamente, di “Tutti vogliono viaggiare in prima” di Ligabue. Storia vecchia, si dirà. Ma con cui tutti prima o poi ci si trova a fare i conti. Marasciulo, pur tirando in ballo fatalisticamente il destino - esisterebbero spiegazioni più maschie, direbbe Nietzsche -, la narra bene, almeno in alcuni punti, come “Fate always wins” o “Real life”. Altre volte, si rivela più scontato, come in “Love is where you are”.
Giudizio definitivo? Rivedibile alla prossima prova. Per il momento, consigliato solo a chi l’inglese lo capisce al volo.
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La recensione Halfway through di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-01-20 00:00:00
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