Sono bravi, e non poco, i Cani di Diamante. Sanno senza ombra di dubbio come scrivere, arrangiare e produrre una canzone senza suonare scontati. Anzi, a ben vedere, sanno farlo anche fin troppo bene, considerando che a distanza di diversi ascolti "Le mie creature" risulta essere un disco piacevole ma fin troppo curato nei minimi dettagli.
Sia chiaro: non si tratta di andare a trovare per forza la sbavatura, ma nella sua piacevolezza l'album finisce per scontare proprio questo approccio tendente alla perfezione. Per dare a Cesare quel che è di Cesare è d'obbligo scrivere che non mancano i momenti in cui si ascolta dell'ottima musica; come quando in "Seta" e "Rosso antico" i bergamaschi puntano palesemente ai Tool e, sul versante italiano, si affiancano stilisticamente all'esperieza dei Deasonika. Ecco, in questi casi funzionano davvero bene e per il futuro forse dovrebbero imparare ad asciugarsi un po' (anche se con quei modelli non è proprio l'obiettivo più semplice da raggiungere). Risultano invece molto meno coinvolgenti quando, paradossalmente, si fanno più classicamente rock ("Angeli neri", "Viola cade"), forse più per alcune liriche azzardate ("Camaleonti isterici migrano verso nord, invece resto al sole che illumina un'anima mentre piovono come mosche senz'ali questi angeli neri") che per gli arrangiamenti.
In definitiva penso che il problema di questo disco sia fondamentalmente uno: è prolisso. Tante, troppe "cose" stipate in 12 tracce... e pochi i momenti degni di particolare menzione.
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