L'argomento è spinoso e i rovi mantengono sempre quello che promettono: sangue. Asia Argento ne è discendente legittima e questo capitolo musicale entra in modo perfettamente organico nel suo percorso artistico, che conta ammiratori e detrattori in egual misura. Dopo un periodo nel quale appariva sulle riviste scandalistiche senza scandalizzare, l'abbiamo vista accanto a Morgan (devo stare a spiegare anche la loro storia insieme? No, siete persone di mondo e avete Google) cantare una canzone in qualità di ospite della finale del nazionalpopolare X Factor 5, un pezzo di electro dark wave firmato dall'ex marito, che in quel contesto stava un po' come i cani in chiesa, mentre all'interno di questo album-raccolta ha anche il suo fottuto perché. "Total Entropy" racchiude svariati anni di collaborazioni, molte delle quali inedite e se vi chiedete come una attrice che non brilla per dizione possa incidere un disco, vi dico subito che canta meglio di come parla.
Ogni autore (definito o autoproclamatosi) maledetto ha avuto la sua musa. Alcuni addirittura più d'una, si pensi a Serge Gainsbourg con Brigitte Bardot, Jane Birkin e la figlia Charlotte, ad Anita Lane per i Birthday Party di Nick Cave, a Lydia Lunch per i principale esponenti della No Wave e alla femme fatale per eccellenza Nico, croce e delizia di John Cale e Lou Reed. Eccetto qualche sporadico ma evidente caso, queste cantanti improvvisate non erano dotate di tecnica nè di voce particolarmente portata, però ascoltandole rischiavi di venirne rapito, come fosse un canto di sirene che promettono dannazione. Asia sembra si nutra di questo cliché e ribalti il le parti, lavorando con artisti diversi e diventando per pochi minuti la musa di ognuno di essi, pur comandando il gioco. Il risultato funziona a seconda dei casi.
Il duetto con Tim Burges dei Charlatans apre questo album, una rivisitazione di "Hours", che diventa "Ours". Ricalca la tradizione gainsbourghiana ed introduce una sottile mancanza di buone maniere come una Courtney Love romana che farà da latente rumore di fondo per tutta la durata del lavoro. Una volta superato l'ostacolo, non darà alcun fastidio. Il bello spoken con Toog e l'erotico "Double Jeu" in francese, musicato splendidamente da Hector Zazou lasciano il passo ad un bluesaccio a due voci con il portoghese The Legendary Tigerman. Pezzone vero. La "Je t'aime, moi non plus" figuriamoci se poteva mancare. Stavolta è a parti invertite, la donna la fa Brian Molko dei Placebo. Buon per lui. Arriva il primo dei brani scritti da Morgan, non il migliore della tornata, ma è per me una piccola gioia sentirlo tornare a quel depechemodismo che non aveva potuto sviluppare a pieno con i Bluvertigo. Le collaborazioni con Fortuna, Antipop, Archigram e The.Art.Of.FY sono tutte basate sul beat da club, sul sussurro provocante e ti immagini di ascoltarle dentro un night club per intellettuali perversi in rehab. Niente male. Munk, in "Live fast! Dieold!" aumenta il ritmo, che diventa electroclash in salsa funky. Il suo ego esplode nel testo di "My stomach is the most violent of all of Italy". "Liebestod", era già presente in "Da A ad A" di Morgan e conferma di essere una gran canzone, in grado di emozionare, con le sue orchestrazioni drammatiche alla Bob Ezrin. Si finisce in bellezza con "Le sacre du primtemps", il miglior pezzo della raccolta, scritto da quel geniaccio di Anton Newcombe dei The Brian Jonestown Massacre. Una perla eterea tra i Death in Vegas e gli ultimi Swans, che da sola vale il disco.
Nonostante la classe dei modelli di riferimento venga a volte solo sfiorata, nonostante si parli comunque di un capriccio fortemente voluto, di un gioco personale ed eccepibile, nonostante sia un album di cui il mondo non sentisse il bisogno, c'è qualcosa che mi intriga maledettamente. Sicuramente il carisma del personaggio ma non solo. Questa raccolta ha una sua ragion d'essere, fuori dall'ordinaria amministrazione. Un percorso intimo di ricerca dell'identità che, a piccole dosi, può affascinare anche lo scettico. In ogni caso ci potrà ballare sopra.
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