Un evidente amore per il blues, e ascolti che congiungono Hendrix a Tom Morello
Ai Blue Shoe Strings piace il blues, non ne fanno certo mistero. Dal titolo del disco, che rimanda al famoso aneddoto sul compenso dato a Son House per l'incisione dei suoi brani, a un certo amore per la chitarra sporca, sudata, maleducata. Ovvio che i gusti musicali del combo padovano non si fermano lì, ma una volta di più è quello il punto di partenza.
E ascoltando questo loro esordio viene da chiedersi, senza averci mai pensato prima: "ma quindi anche Tom Morello potremmo considerarlo un bluesman?". Istintivamente si direbbe di no, ma un assolo di chitarra come quello di "Get Lost" potrebbe far ricredere. E da lì si parte per cercare ogni traccia di quella materia prima presente in questo disco, che dalle hendrixiane "Heartquake" e "The strings go" passa al funk acido di "I ain't" (ancora con un ottimo solo, fa il paio con lo special che prepara l'esplosione finale), al grunge di "Dead love's tree".
Ci sono poi i brani dall'impianto più tradizionale, come lo standard "John the revelator" e "Me, o my, me o' blues", rinforzati a dovere da batteria, hammond e dalla solita chitarra in pieno feedback e, nel caso di "Kimberley road blues", dalla slide e da una valida performance vocale.
Il carattere c'è e le canzoni pure. Del buon gusto abbiamo già detto. Un disco consigliato agli appassionati di blues che vogliano svecchiare un po' i propri ascolti, e a quelli di altre sonorità che iniziano a chiedersi cosa è successo nella musica prima di "Nevermind": "For a bottle of coke" può essere un buon punto di partenza per un utile viaggio a ritroso.
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La recensione For A Bottle Of Coke di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-10-18 00:00:00
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