Se fosse nato sulla via Emilia, avrebbe giocato a carte con Francesco Guccini e bevuto lambrusco con Luciano Ligabue. Davide Van De Sfroos, invece, frequenta altre zone: vive sulle sponde del Lario e le sue storie si snodano lungo la statale Regina.
Il contrabbandiere del country-rock all’italiana, partito in sordina dalla sua Azzano di Mezzegra, nel giro di pochi anni è diventato il portavoce dei frequentatori di osterie, di gente comune e di chi si definisce ‘gente di serie b’. Di chi, nei suoi versi trascinanti, si riconosce in un moto di allegria e di contestazione, di malinconia e di poesia. Una musica nata per strada e che sulla strada, con "Laiv", ritorna.
Per essere suonata a tutto volume, ballata, innaffiata di vino rosso, come accade durante i suoi concerti. Quello di Davide Van de Sfroos (al secolo Davide Bernasconi), è un doppio cd dove s’incontrano il blues e il punk, Paolo Conte e Tom Waits (presente peraltro nella rielaborazione di “Frankie’s wild years”), Bob Dylan, Miss Padania e le feste de l’Unità. Ventiquattro brani (tre inediti: “L’esercito delle 12 sedie”, “Sciur capitan” e “Sguaraundaa”, quest’ultima registrata in studio), una cascata di note pronte a incendiare gli animi tra storie, leggende e aneddoti nati attorno a un tavolo da osteria. Storie comuni come quella cantata in “Sciur capitan”, dove un soldato traumatizzato per avere ucciso un uomo decide di dire no alla guerra (“Signor capitano ti voglio dire la verità, ne ho piene le balle stasera torno a casa, se mi vuoi scrivere ti regalo la mia penna, se mi vuoi sparare questa è la mia schiena”).
Storie di tutti i giorni, di una guerra infinita. Cantando a squarciagola quella voglia di ribellione propria di un bootlegger delle sette note e del suo popolo di ascoltatori. Nel segno del ciberfolk.
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La recensione Laiv di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-02-10 00:00:00
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