Se col disco precedente ci eravamo posti qualche dubbio sulla carica animalesca di Tonylamuerte, questa volta l'onemanband veneto li fuga alla grande, con un disco che abbaia e ulula a non finire. Altro passo in avanti rispetto a "Dimonio Colombo" è sicuramente il suono, che appare qui pieno e anche discretamente registrato.
Non scompare invece, purtroppo, il tedio prodotto dai suoi pezzi, sguaiati e ripetitivi come appunto l'abbaiare di cui sopra. Tanto più che, se nel primo album i brani erano 15 - e già Gabriele Bacchilega dichiarava la sua impossibilità di arrivarne alla fine -, questa volta sono addirittura 23, il che rende l'ascolto per intero de "Il tonico caprone" qualcosa di molto simile all'impresa.
E se "Da quando ha deciso di fare il blues" Tony dichiara di essersi chiuso al mondo e al confronto con terzi (i suoi ex-compagni di band, principalmente), viene un po' da chiedersi se abbia tagliato anche i ponti con i potenziali ascoltatori, che giungono estenuati quando non infastiditi dalla sequela di pezzi ridondanti come "Il ballo del morto", "Una canzone sulla morte" o "Caprone".
Saranno i pochi o quasi nulli cambi (di accordi, di sonorità, di mood), sarà la voce sempre caricatissima del nostro, sarà la sua poetica in bilico tra l'ombelicale e l'irrilevante, ma la sensazione dominante di fronte a questo disco viene suggerita da un titolo del suo stesso autore: "Vaccaputtana non succede mai niente".
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